Caos trasporti

Lo stop alla fusione degli scali di Olbia e Alghero, un pasticcio che affonda la Sardegna

di Luca Rojch
Lo stop alla fusione degli scali di Olbia e Alghero, un pasticcio che affonda la Sardegna

Il centrodestra in questa operazione non sta pensando al bene dei sardi

28 aprile 2023
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L’amore del centrodestra per i Trasporti di Stato ha radici lontane. Dalla lungimirante idea della Flotta Sarda alla lottizzazione degli aeroporti sardi è un viaggio lungo dieci anni. Dieci anni fatti di fallimenti, con soldi pubblici gettati via e posti di lavoro disintegrati. Il passo avanti e indietro della Regione sulla fusione dei due scali di Olbia e Alghero è il simbolo della confusione della giunta Solinas. E come se non bastasse c’è anche un altro passo verso il baratro, l’opposizione alla privatizzazione dell’aeroporto di Cagliari. La Regione sogna tre piccoli aeroporti, a prevalente capitale pubblico, per un’isola di 1,6 milioni di abitanti, meno di quelli che da sola fa Roma, che di aeroporti veri ne ha solo uno. Un salto nel passato e una sicura condanna per i tre scali, di sicuro per il più piccolo e fragile: Alghero.

A dire il vero in tutti questi anni la Regione ha più volte provato a cancellare l’aeroporto di Alghero. Quando lo scalo era pubblico i politici sardi, di destra e sinistra, lo hanno utilizzato come ufficio di collocamento per i propri supporter. Una scelta che non teneva conto di concetti come competitività o sostenibilità dei costi. La società di gestione è arrivata a un passo dal fallimento. Quando il Riviera del Corallo era di proprietà della Regione dal 2001 al 2010 la Sogeaal è stata ricapitalizzata per sei volte in dieci anni con una maxi rata finale di 15 milioni di euro. Per un totale di 30 milioni di euro.

Soldi pubblici. Nel 2016 è stato fatto un calcolo: ogni mese l’aeroporto perdeva dai 100mila ai 130mila euro. C’era il 35 per cento del personale in più rispetto a quello che serviva. I dipendenti a tempo indeterminato erano 242, più 60 in part time. In uno scalo efficiente c’è un dipendente ogni 12mila passeggeri, ma ci sono aeroporti in cui il rapporto è di uno a 18mila. A Cagliari c’è un dipendente ogni 10mila passeggeri, ad Alghero il rapporto era di uno a 5mila. Numeri che da soli basterebbero a far capire perché la Regione, il cui compito istituzionale non è gestire aeroporti, dovrebbe spingere verso la privatizzazione dei tre scali, meglio ancora di un’unica società che abbia una sola testa e possa portare avanti una strategia globale per la crescita dei tre scali. Quando F2I ha comprato l’aeroporto di Alghero, lo scalo era tecnicamente fallito, non riusciva a presentare neanche i bilanci.

Si pensa ora a un passo indietro. Ma Alghero da solo difficilmente può riuscire a sopravvivere. E anche Olbia, che dei tre aeroporti sembra quello più in salute, in uno scenario di contrattazione europea con le compagnie ha poco peso. Cagliari sembra destinato ad andare in rosso entro un paio di anni. Solo la gestione comune, fatta da un’unica società, dei tre aeroporti può garantirne la sopravvivenza e la crescita. La Regione dovrebbe accompagnare questa crescita, non per favorire un privato, ma per garantire ai sardi il diritto alla mobilità. Perché la continuità territoriale è un principio vuoto se non ci sono gli aeroporti in cui far atterrare gli aerei. E mentre si vagheggia su un modello Corso e uno delle Baleari, il rischio è che la Sardegna vari un modello tutto suo: quello senza aerei.

C’è anche un altro aspetto che la politica non ha il coraggio di dire in modo netto, ma sussurra, e che pare avere convinto molti elementi della giunta Solinas. La paura è che i cieli sardi passino al centrosinistra. L’attuale presidente degli aeroporti di Olbia e Alghero arriva da F2i, è Roberto Barbieri, un manager di grande esperienza, che nel 1996 è stato eletto deputato nel Pds, e poi nei Ds. E poco conta che F2i controlli gli scali di Milano, Napoli, Torino, Trieste, Bologna e Bergamo, con circa 62 milioni di passeggeri, il 32% del traffico nazionale. Per il centrodestra questo basta per preferire lo stop alla creazione di una sola società che metta insieme gli scali del nord dell’isola e possa puntare al controllo anche di Cagliari per dare vita a un unico hub. Meglio separare le forze, meglio la politica del divide et impera. Ma in tutto questo sottile ragionamento manca un elemento: il bene dei sardi.

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