Sanità alle corde, meno immagine e più sostanza – IL COMMENTO
Davanti alla denuncia di un uomo a cui era stato diagnosticato un cancro e a cui veniva consigliato di andarsi a curare nella penisola non ci si concentra sul paziente, sul dramma esistenziale di una persona, l’attenzione è solo sul danno di immagine
Che insolenza. Ma come può un paziente con un tumore alla prostata protestare perché la Asl gli dice che deve aspettare sei mesi per fare la radioterapia salvavita? Perché rivolgersi ai media e mostrare il documento in cui i medici gli consigliano di andare a curarsi fuori dalla Sardegna? Ha ragione l’assessore Doria, è un grave danno di immagine per il sistema sanitario sardo. Un concentrato di efficienza ed eccellenza. Pronto soccorso rapidi ed efficienti, liste di attesa di pochi giorni, ospedali che ribollono di medici e infermieri. Una macchina perfetta che non può essere infangata dalle proteste scomposte di insolenti malati di tumore.
C’è uno strano cortocircuito. Perché davanti alla denuncia di un uomo a cui era stato diagnosticato un cancro e a cui veniva consigliato di andarsi a curare nella penisola perché i tempi di attesa per la radioterapia superavano i sei mesi, non ci si concentra sul paziente, sul dramma esistenziale di una persona che vede nei medici e nelle cure immediate la sua unica ancora di salvezza. L’attenzione è sul danno di immagine. Sarebbe bastato trovare una soluzione immediata, come quotidianamente e in silenzio avviene spesso negli ospedali sardi. L’assessore Doria ha prima sostenuto che il documento era falso perché la carta intestata era datata. Poi si è scagliato contro chi ha diffuso la notizia, perché danneggia l’immagine della sanità sarda. L’assessore è prima di tutto un medico di professione, uno stimato primario e forse si trova nell’impossibilità di dare una risposta diversa a quel paziente. Perché la realtà è che da tempo, per essere onesti da molto prima che Doria sedesse sulla poltrona di assessore, la sanità ha cambiato pelle. Il suo obiettivo non è curare le persone, dare loro il bene fondamentale dell’esistenza: la salute. Ora la sanità è un’impresa. Abbiamo le Aziende sanitarie. Già aziende. Che devono rispettare un budget, devono analizzare in ogni loro scelta il rapporto costi-benefici. I pazienti non esistono più. Ora sono clienti. Utenti che acquistano prestazioni mediche. E queste prestazioni diventano sempre più complicate da avere. Non certo per colpa dei medici, che in modo spesso eroico, fanno turni massacranti e vivono quotidianamente il dramma di chi entra in ospedale, di chi scopre di avere una malattia, di chi perde i propri affetti. Ma è l’organizzazione del sistema che mostra sempre più i propri limiti. Manca il personale, non si trovano più medici, effetto delle scelte lungimiranti della politica che ha imposto il numero chiuso nelle università. Mancano i macchinari, anche se la sanità in Sardegna, unica regione in Italia che se la paga da sola, divora oltre il 60 per cento del bilancio della Regione. Mancano i presidi, con i pochi ospedali rimasti che fanno fatica a tenere aperti tutti i reparti. Basta avere la sfortuna di finire in un pronto soccorso per rendersi conto di come la sanità, non solo in Sardegna, non sia degna di un paese civile.
La maggioranza di centrodestra in questa legislatura si è concentrata su un unico obiettivo: disintegrare la riforma della giunta Pigliaru. La giunta Solinas ha ripristinato le Asl, le ha moltiplicate. Da una a 11, ma potrebbero essere di più, scusate ho perso il conto. Moltiplicando le spese per dirigenti e poltrone. La Asl, ma prima ancora la politica, avrebbero evitato la figuraccia ammettendo l’errore e chiedendo scusa al paziente ed evitare di pensare a eventuali danni di immagine. Servirebbe forse più concretezza nella maggioranza e meno attenzione all’immagine e alle promesse immaginarie. Su tutte i quattro nuovi ospedali fiammanti, costruiti con cemento elettorale e malta propagandistica. Pazienza se non esiste neanche l’idea precisa di dove farli e forse non servono neanche. Forse sarebbe meglio concentrare le energie sul far funzionare quelli che già esistono.