La Nuova Sardegna

Lo studio

Ricerche sul Dna, l’uomo preistorico che è in noi

di Eugenia Tognotti
Ricerche sul Dna, l’uomo preistorico che è in noi

Gli studi dell’Istituto Mario Negri collegano la particolare gravità del Covid in Val Seriana ai geni arrivati dai Neanderthal

17 settembre 2023
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Hanno fatto giustamente scalpore i risultati dello studio dall’Istituto Mario Negri che collega la particolare gravità del Covid in Val Seriana ai geni arrivati a Nembro, Alzano e Albino dai Neanderthal, dopo un vertiginoso viaggio nel tempo di decine di migliaia di anni che ha attraversato almeno duemila generazioni. Non sembra esagerato scomodare il termine “sensazionale” per dare conto delle preziose acquisizioni messe in campo da una ricerca che ha coinvolto circa 10mila residenti in Val Seriana, una delle zone dove si sono registrate più vittime nella prima ondata dell’emergenza pandemica.

La prima riguarda il contributo della genetica alla gravità della malattia, una delle questioni più dibattute durante l’emergenza pandemica. La ricerca ha dimostrato che la presenza di geni che risalgono all'uomo di Neanderthal ha avuto un ruolo importante nella diffusione del Covid: 3 dei 6 geni che concorrevano ad un accresciuto rischio di ammalarsi in maniera grave di Covid in quell’area arrivavano dai Neanderthal. E in particolare dal genoma di Vindija, risalente a 50mila anni fa. Un’eredità genetica ben scomoda per gli individui esposti: il rischio di sviluppare la malattia in forma severa (polmonite) raddoppiava e quello di finire in terapia intensiva triplicava, senza parlare della necessità di ventilazione meccanica.

Ma non basta. Questi risultati dimostrano che molti collegamenti tra il Dna dei Neanderthal e i tratti caratteristici, già chiariti dalla ricerca degli ultimi venticinque anni, non sono solo di interesse accademico: alcuni potrebbero avere conseguenze mediche in termini di identificazione delle persone a rischio di malattia o dare indicazioni verso trattamenti futuri. Sulla diffusione di questa variante di rischio genetico nelle diverse parti del mondo c’è da dire che esistono notevoli differenze. È particolarmente comune tra le popolazioni dell'Asia meridionale, dove circa la metà della popolazione è affetta dalla variante del rischio Neanderthal. In Europa, una persona su sei è portatrice della variante di rischio. I geni di Neanderthal che rimangono in parte del Dna umano tendono a influenzare non solo il funzionamento del sistema immunitario, ma anche le caratteristiche della pelle, il colore dei capelli, la tendenza alla calvizie e la capacità della pelle di abbronzarsi.

Come non essere affascinati da ciò che è accaduto nella storia della nostra specie e dal modo con cui ha modellato la diversità degli esseri umani? Il numero delle informazioni è cresciuto sotto i nostri occhi. Per molti anni, l’unica prova dell’ibridazione uomo-Neanderthal esisteva nei geni umani moderni. Solo nel 2016, i ricercatori hanno pubblicato una nuova serie di sequenze di Dna di Neanderthal provenienti dalla grotta di Altai in Siberia, così come dalla Spagna e dalla Croazia, da cui emergevano prove di incroci tra uomo e Neanderthal, risalenti a 100mila anni fa, più indietro di molte stime precedenti della migrazione umana dall’Africa. Le loro scoperte hanno portato a modificare la narrazione: non solo gli eventi di incrocio uomo-Neanderthal erano più frequenti di quanto si pensasse in precedenza, ma una migrazione precoce di esseri umani lasciò effettivamente l’Africa prima della popolazione che sopravvisse e diede origine a tutti gli esseri umani moderni non africani contemporanei. Eredità genetica e biobanche, dalla Val Seriana all’Ogliastra. I risultati emersi da questa lunga e complessa ricerca rimandano alle esaltanti prospettive per lo studio delle malattie che potrebbero aprirsi con la diffusione dello studio delle biobanche sparse nel mondo, anche nell’angolo rappresentato da quest’isola. Punto di riferimento è il progetto SardiNIA ProgeNIA, una delle più complete analisi genetiche mai effettuate su una singola popolazione: allo studio un campione di 8000 volontari residenti di quell’«isolato genetico» che è l’Ogliastra, una delle aree più anticamente abitate e isolate della Sardegna.

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