In provincia di Oristano crollano popolazione e salari: preoccupante fotografia dell’Inps – Tutti i numeri
Emerge una realtà sempre più debole e a rischio implosione
Oristano Non è solo un campanello d’allarme, ma una vera e propria situazione di emergenza evidenziata dalle cifre. Secondo quanto emerso dal Rendiconto sociale Inps 2024, la provincia sta affrontando una crisi strutturale e demografica di portata storica. I dati, presentati ieri 19 novembre, all’Hospitalis Sancti Antoni, fotografano una realtà sempre più debole e a rischio implosione, stretta tra l’emorragia di residenti e un mercato del lavoro che paga salari da fame e offre solo precarietà. All’illustrazione del report hanno partecipato il presidente del Comitato provinciale Renzo Contini, i direttori regionale e provinciale Francesco Di Bernardo e Pierpaolo Mele e il prefetto Salvatore Angieri. Dopo i saluti del sindaco, Massimiliano Sanna, e del presidente della Provincia, Paolo Pireddu, si è passati alla lettura dell’analisi dove il dato più drammatico riguarda l’inesorabile diminuzione della popolazione residente.
Demografia I numeri confermano un calo costante e profondo, con un saldo complessivo negativo registrato nell’anno precedente per 1.381 abitanti. Questo riflette l’avanzato invecchiamento della popolazione e l’incapacità di garantire il ricambio generazionale. L’aspettativa di vita rimane alta, 85,2 anni per le donne e 80,4 per gli uomini, ma le culle vuote ne minacciano la sostenibilità futura. Anche il saldo migratorio è negativo, seppur di misura, registrando un -10 che calcola la differenza tra chi arriva e chi invece va via. Il direttore provinciale, Pierpaolo Mele, ha sottolineato come la gravità di questi numeri sia amplificata dalla frammentazione del territorio: «Se si considera che buona parte dei paesi in provincia non raggiunge i mille abitanti, si comprende come la popolazione sia anziana e destinata a diminuire ancora». È un impatto che preannuncia una desertificazione progressiva dei piccoli Comuni.
Poveri e precari Il mercato del lavoro, pur mostrando un saldo netto occupazionale positivo nel 2024 con più assunzioni che cessazioni, cela una dinamica estremamente preoccupante. L’incremento riguarda in maniera preponderante i contratti stagionali e a tempo determinato, mentre si registra un calo significativo dei posti di lavoro stabili a tempo indeterminato. La crescita, in sostanza, è basata sulla precarietà. Ancora più allarmante è la situazione retributiva, che affonda i lavoratori in una condizione di povertà diffusa con retribuzioni lontane anni luce dalla media nazionale. Infatti, i salari dei lavoratori dipendenti del settore privato sono nettamente inferiori rispetto alle medie. Per gli uomini la retribuzione media giornaliera è di appena 80,2 euro, in forte contrasto con i 107,5 euro della media nazionale. La disparità è ancora più marcata, per le donne, con una retribuzione media giornaliera di soli 62,5 euro, lontanissima dai 79,8 euro nazionali. La difficoltà economica non risparmia gli autonomi, i cui redditi rimangono anch’essi inferiori alle medie regionali e nazionali, riflettendo una generale incapacità del tessuto produttivo di generare ricchezza.
Welfare Tornando ai lavoratori dipendenti, sul fronte degli ammortizzatori sociali si registra un aumento del ricorso alla cassa integrazione. L’Inps, in qualità di garante del welfare, registra un aumento nel numero delle pensioni contributive e degli assegni assistenziali erogati. Tuttavia, questa crescita nasconde una fragilità intrinseca: gli importi medi di queste prestazioni risultano sensibilmente più bassi rispetto alle medie nazionali e regionali. Questo è l’effetto diretto e a lungo termine delle basse retribuzioni e dei contributi insufficienti generati dal lavoro precario.
