La Nuova Sardegna

Oristano

Turismo equestre azzoppato dal Qatar

di Enrico Carta

Preoccupazione e polemiche dopo l’annuncio di Cappellacci della nascita di un centro per cavalli arabi a Pula

21 novembre 2012
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ORISTANO. Il vento del deserto arabo non porta buone notizie. Anzi, stando alle prime sbandierate intenzioni del presidente della giunta regionale, Ugo Cappellacci, quel vento sarebbe foriero di nubi tempestose. All’improvviso l’aria cambia e diventa irrespirabile. L’Oristanese scompare dai piani regionali dello sviluppo del turismo legato al mondo dell’equitazione e dell’ippica. Succede all’indomani dell’incontro con l’emiro del Qatar e dell’accordo per gli investimenti turistici in Sardegna.

Agli squilli di tromba cagliaritani e all’esultanza gallurese, territori in cui dovranno avvenire gli investimenti degli arabi, si contrappongono le perplessità o l’arrabbiatura tutta oristanese del consigliere regionale di Sardegna è già domani, Mario Diana, che definire perplesso non rende l’idea. Furioso fa più al caso. Il perché è facilmente spiegabile: dopo anni e anni di impegni, progetti, finanziamenti e tutto quello che può venire in mente, all’improvviso la Regione decide di cambiare rotta e di salutare l’Oristanese.

Beffati già per il mancato arrivo dei fondi per lo sviluppo – unico territorio, tenuti in secondo piano nella sanità su cui si è abbattuta un’altra scure, gli oristanesi ora vedono all’orizzonte una nuova beffa. Tra soldi stanziati, utilizzati e da utilizzare in tutto si parla di 97 milioni di euro che devono ruotare attorno al turismo equestre. E non solo di turismo si parla in questo caso, ma di investimenti a più ampio raggio.

Eppure dal vertice in Qatar salta fuori una novità; il centro per cavalli di razza troverebbe il suo luogo ideale non nell’Oristanese, luogo da tempo e all’unanimità deputato a questo genere di attività, bensì a Pula. Suona come una beffa, tanto più che un esame approfondito della commissione consiliare della Provincia aveva esaminato la situazione nel dettaglio, ripercorrendo le tappe di una storia lunga quasi vent’anni e degli investimenti ad essa seguiti. Inizia tutto a metà degli anni ’90 quando nasce consorzio Horse Country che vede sullo stesso fronte enti pubblici e imprenditori privati. Nel ’96 arriva il primo momento dei Piani integrati d’area, dove si stabilisce che gli investimenti dovranno essere di 97milioni di euro – all’epoca la cifra era ancora in lire – di cui il settanta per cento doveva arrivare dai finanziamenti pubblici.

A vedere per primo la luce sarà l’Horse country di Arborea, oggi al centro di altre polemiche, legate a questioni con la Provincia. Nel 2000, sempre coi Piani integrati d’area inizia l’iter per la nascita di altri dodici tra maneggi, strutture ricettive e centri di ristoro legati al turismo o all’attività equestre. Al di là del fatto che siano operativi solo quelli di Santu Lussurgiu, Norbello, Ghilarza, San Vero Milis, Sini e Gonnoscodina e non anche quelli di Paulilatino, Sedilo, Cuglieri, Ales, Nureci e Albagiara ci si trova di fronte ad una serie notevole di strutture. Solo che gli occhi della giunta regionale sembrano rivolti a tutt’altra parte della Sardegna.

«Tanto più che questo è il territorio in cui c’è Tanca Regia – attacca Mario Diana –. Sono cento ettari che attendono solo gli investimenti giusti. Qui invece accade che il presidente della Regione vada in giro per il mondo alla ricerca di risorse dimenticandosi che la Sardegna è una sola ed è indivisa. Ci sono troppe attenzioni sulla Costa Smeralda che è in grado di camminare da sola e sul Sulcis. Ora si parla di Pula come centro per i cavalli di razza araba, nonostante i tanti soldi investiti nell’Oristanese dove sono già presenti le strutture adeguate. Sarebbe ora che Cappellacci riservasse attenzioni anche per noi».

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