Incendio doloso: nel mirino la barca di due guardiani
CABRAS. In via Emilia, intorno alle 2.30 del mattino, passa pochissima gente. Un dettaglio che potrebbe aver convinto gli autori di un attentato incendiario ad agire proprio nella notte tra martedì e...
CABRAS. In via Emilia, intorno alle 2.30 del mattino, passa pochissima gente. Un dettaglio che potrebbe aver convinto gli autori di un attentato incendiario ad agire proprio nella notte tra martedì e mercoledì. L’obiettivo, manco a dirlo, era una piccola imbarcazione da diporto attrezzata per la pesca del riccio di proprietà di due giovani soci del Consorzio Pontis, Norman Pili e Roberto Atzori. L’incendio ha divorato una buona parte dello scafo, cinque metri di vetroresina, senza risparmiare il fuoribordo che avrebbe dovuto permettere la navigazione ai due pescatori durante la battute di pesca del riccio, attività che due svolgono per arrotondare i compensi.
L’intervento dei vigili del fuoco non è servito per salvare la barca e il motore, ma ha fatto scaturire i primi dubbi sull’origine del rogo, valutato come doloso dai carabineri intervenuti in via Emilia. Le indagini sono ancora in corso e non c’è traccia del responsabile o dei responsabili, ma i dubbi sul movente dell’attentato sono davvero pochi. Il falò non ferragostano è stato acceso per fare uno sgarbo ai due pescatori impegnati anche come arrolliadorisi, il vocabolo dialettale che indica i guardiani dello stagno.
Anche i vertici del Consorzio Pontis non hanno paura di puntare il dito contro gli ignoti responsabili: «Mi sembra chiaro, sono stati i pescatori di frodo ad appiccare quell’incendio – taglia corto Francesco Meli, presidente del consorzio che riunisce le cooperative dei lavoratori dello stagno –. I due ragazzi erano già stati minacciati. Cose che capitano spessissimo quando sorprendiamo qualcuno a pescare di frodo. A volte scappa qualche ceffone, altre volte veniamo sfidati». Norman Pili e Roberto Atzori sono tra i soci più giovani, dato che sono stati assunti lo scorso anno. «Sono tra gli ultimi a essere entrati nel consorzio – ha confermato Francesco Meli –, ma questo non è bastato per farli lavorare serenamente».
La guerra tra pescatori, dunque, è ancora di stretta attualità. I ranghi degli abusivi si sono ridotti di parecchio, ma l’usanza di mandarsele a dire per poi passare all’azione durante la notte non è mai passata di moda. Sgarbi, ceffoni, vendette e rappresaglie sono il pane quotidiano di una categoria che proprio non riesce a smettere di farsi la guerra. «Possiamo continuare ad assumere, ma gli abusivi ci saranno sempre e non possiamo certo smettere di fare il nostro lavoro», conclude Francesco Meli.