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Concessi gli arresti domiciliari al detenuto malato di Sla

Concessi gli arresti domiciliari al detenuto malato di Sla

ORISTANO. Gigino Milia, 68 anni, finito in cella nel 2013 nell'ambito dell'inchiesta sul traffico di droga che aveva portato all'arresto anche dell'ex primula rossa del banditismo sardo Graziano...

09 gennaio 2016
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ORISTANO. Gigino Milia, 68 anni, finito in cella nel 2013 nell'ambito dell'inchiesta sul traffico di droga che aveva portato all'arresto anche dell'ex primula rossa del banditismo sardo Graziano Mesina, ha lasciato il carcere di Oristano-Massama dove era detenuto, per gravi motivi di salute. Lo ha reso noto Maria Grazia Caligaris, presidente di Socialismo diritti riforme.

«Un ricovero nel reparto di Neurochirurgia dell'ospedale Brotzu di Cagliari, suggerito fin dall'ottobre 2014, ma effettuato dopo numerose richieste da parte dei familiari e dei legali dell'uomo solo il 9 dicembre scorso, ha determinato una diagnosi che non lascia dubbi - sostiene Caligaris - ha una tetraparesi agli arti e sono maggiormente compromessi quelli superiori. Insomma è affetto da sclerosi laterale amiotrofica».

Le condizioni di salute di Milia erano peggiorate un anno fa e l’associazione aveva espresso preoccupazione. «La vicenda di Gigino Milia - sottolinea la socialista - induce a riflettere sulla salute penitenziaria e sulla possibilità da parte dei medici, in particolare nel caso specifico del responsabile dell'infermeria del carcere di Massama, di garantire ai cittadini privati della libertà interventi diagnostici circostanziati in tempi adeguati. Desta qualche perplessità che l'evidente peggioramento, con l'ipostenia, non abbia indotto il responsabile sanitario a disporre l’immediato ricovero ospedaliero».

La presidente dell’associazione solleva alcuni dubbi. «Non sappiamo se un ricovero a novembre o dicembre 2014 avrebbe potuto evitare a Milia un prognosi infausta - evidenzia Caligaris - è però preoccupante che un detenuto, peraltro in attesa di giudizio, possa restare senza una diagnosi certa per 14 mesi. I magistrati hanno agito con coerenza e sensibilità disponendo immediatamente i domiciliari. Ora però la famiglia con gli avvocati Roberto Delogu e Riccardo Floris vuole sapere se la Direzione sanitaria del carcere abbia operato in scienza e coscienza».

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