La Nuova Sardegna

Oristano

Dal cantiere tanti pezzi del passato remoto

di Ale
Dal cantiere tanti pezzi del passato remoto

Suni, i lavori alle tubature idriche hanno portato anche alla scoperta di numerosi resti archeologici

02 febbraio 2016
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SUNI. L’assistenza archeologica durante una serie di lavori per la posa di tubature nell’area della chiesa di Santa Maria della Neve ha dato i suoi frutti. Dal cantiere di Abbanoa, sotto la stretta sorveglianza degli archeologi Pier Tonio Pinna e Antonella Unali, in stretto collegamento con la responsabile della Soprintendenza Gabriella Gasperetti, sono infatti emersi preziosi reperti che forniscono nuovi dati per ricostruire la storia del paese.

Il cantiere si è concluso a metà dicembre non senza sorprese archeologiche, per la verità attese visto che si lavorava su un’area archeologica già conosciuta per via della presenza del nuraghe San Michele e della parrocchiale. «Al personale di Abbanoa si sono affiancata anche gli archeologi», spiega Pier Tonio Pinna. La presenza ha dato i suoi frutti visto che gli studiosi hanno individuato una porzione di muro vicino al nuraghe che fa ipotizzare la presenza di una struttura ben più complessa di quella emersa finora. Durante gli scavi inoltre è stato ritrovato anche un frammento di anfora punica che dimostrerebbe che l’area nuragica è stata successivamente riutilizzata.

«La piazza, negli anni, ha subito vari scavi per interventi idrici e fognari, con conseguente asportazione della stratigrafia archeologica. Tuttavia una porzione è rimasta intatta. Grazie alla presenza degli archeologi è stato possibile documentare due sezioni, salvatesi dagli scavi degli anni Settanta e Ottanta», spiega Pier Tonio Pinna. Attraverso l’analisi degli strati emersi inoltre «Si può ricostruire la storia del sito fino al periodo nuragico e questa è la prima volta che si realizza un’accurata documentazione archeologica nel centro abitato di Suni», spiega il ricercatore. La zona del nuraghe San Michele e della parrocchiale di Santa Maria della Neve già famosa per un grande ritrovamento di materiale classico avvenuto negli anni ’70, è stata oggetto di frequentazione umana ininterrottamente dal nuragico ad oggi. «A Suni e nella Planargia inoltre si trovano altri siti abitati evidentemente da epoche remote, come il nuraghe Oladolzu di Magomadas, dove sono stati effettuati scavi intorno al 2008, ed il nuraghe Tres Bias di Tinnura, interessato da ricerche negli anni ‘90», alcuni esempi citati da Piero Tonio Pinna. «Attorno alla chiesa di Suni, sono numerose le sepolture ritrovate di cui quattro documentate. Sul cranio del defunto inumato nella sepoltura più antica è stata rinvenuta inoltre una moneta, retaggio dell’usanza pagana di versare l’obolo carontis, la tassa per il traghettatore delle anime», afferma lo studioso. La moneta è un reale minuto di Giovanni II d’Aragona, databile fra il 1458 e il 1479, importante termine cronologico che permette di affermare che già dalla metà del XV secolo era presente in quell’area un luogo di culto cristiano. In compresenza con la vicina chiesa di San Pancrazio per la quale si hanno riferimenti cronologici certi a partire dagli anni centrali del XV seccolo.

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