La Nuova Sardegna

Oristano

Alluvione, inchiesta al via dopo 2 anni

di Enrico Carta
Alluvione, inchiesta al via dopo 2 anni

La procura indaga sul disastro a Tiria. Sequestrati documenti in Provincia: l’allagamento causato da un ponte-diga

05 febbraio 2016
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ORISTANO. Non fu solo una fatalità. Ci potrebbe essere qualcosa di umano, come la costruzione di un ponte, dietro una parte dell’immane tragedia dell’alluvione. Dal cielo venne giù tanta acqua, ma da subito si era detto che un po’ di prevenzione avrebbe forse evitato morti e devastazione. Le colpe del Ciclone Cleopatra che travolse mezza Sardegna il 18 novembre del 2013 non stavano quindi solo in cielo, dove si ammassarono le nubi che scaricarono tanta di quella acqua da mettere in ginocchio mezzo Campidano di Oristano. Le responsabilità potrebbero essere anche terrene.

Così, dopo un esposto presentato da alcuni cittadini della borgata di Tiria tutelati dall’avvocato Marcello Sequi e la successiva decisione della procura di chiedere l’archiviazione, il giudice per le indagini preliminari, Silvia Palmas, ha invece imposto che le indagini vadano avanti e venga accertata l’eventuale commissione di reati, perché molti dei danni causati dall’alluvione di due anni e mezzo fa, forse, potevano essere evitati. Il primo effetto di questo provvedimento è stato immediato, perché il pubblico ministero Paolo De Falco ha fatto acquisire una serie di documenti.

Nei giorni scorsi c’è stato un controllo negli uffici della Provincia da parte degli uomini della sezione di polizia giudiziaria del Corpo Forestale e di vigilanza ambientale. Perché proprio in Provincia e cosa cercavano gli agenti? L’alluvione aveva colpito un territorio molto vasto creando inondazioni da Uras sino alla borgata di Tiria nel Comune di Oristano. Dappertutto si era indagato, convenendo che le responsabilità non erano umane e che i danni causati da un evento atmosferico di quel genere non potessero essere imputabili a delle persone che ricoprivano ruoli e incarichi in amministrazioni pubbliche.

Così neppure a Uras e nel Terralbese, dove i danni furono enormi e si contarono persino due vittime, si ritenne che ci fossero delle colpe umane. Col trascorrere dei mesi si pensava che il tempo per le inchieste penali fosse finito, invece l’esposto dei cittadini della frazione di Tiria che si divide tra Oristano e Palmas Arborea ha portato all’apertura di un fascicolo penale. Al momento contro ignoti. L’origine del disastro per quanto riguarda quella porzione di territorio apparirebbe già ben chiara agli occhi di chi indaga. All’inizio degli anni ’90 fu modificato l’assetto della strada pedemontana che si snoda lungo le pendici del monte Arci consentendo in agilità i collegamenti con tantissimi paesi. Tra gli altri interventi ci fu anche quello di ampliamento di un ponte nella zona tra Sant’Anna di Marrubiu e Tiria nel Comune di Palmas Arborea. Il ponte fu portato ad un’altezza superiore e, per consentire il passaggio dell’acqua in caso di piogge abbondanti, furono ricavate due sezioni cilindriche che lo attraversavano. Non si erano però fatti bene i conti, tanto che il 18 novembre del 2013 la portata dell’acqua fu tale da impedire il deflusso verso valle. A questo va aggiunto che le due sezioni si riempirono subito di detriti. Il ponte si trasformò così in una diga che fu capace di contenere tantissima acqua sino al momento in cui questa tracimò.

Sulla borgata di Tiria si riversò un fiume in piena carico di detriti. Com’è andata a finire è fatto noto: danni per centinaia di migliaia di euro a case, aziende agricole e campi. Resta però da conoscere l’ultima parte della vicenda, quella giudiziaria dagli sviluppi ancora imprevedibili. A occuparsi della strada, oltre vent’anni fa, fu la Provincia. Da lì arrivarono autorizzazioni e studi che indicavano pari a zero i rischi per l’incolumità delle persone. Ma forse potrebbero esserci stati degli errori, delle valutazioni non corrette, dei calcoli non esatti. Tutto è in quei documenti che ora devono essere esaminati per capire se c’è una colpa e se ci sono dei responsabili, anche a distanza di due anni e mezzo dal disastro e a oltre venti dall’ampliamento del ponte diventato una diga il 18 novembre 2013.

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