La Nuova Sardegna

Oristano

cinque anni e mezzo di pena

Violentò la moglie, quarantenne condannato

di Enrico Carta
Violentò la moglie, quarantenne condannato

Un commerciante di un paese dell’hinterland accusato di abuso sessuale e maltrattamenti

08 luglio 2016
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ORISTANO. Non è solo una statistica. Per chi la sente in tv o la legge sui giornali, viene spesso considerata come una banale cifra di un mondo lontano. Invece quei numeri che parlano di violenze tra le mura domestiche sempre più frequenti, sono qualcosa di molto reale. E a farne le spese sono, nella maggior parte dei casi, le donne. Ogni tanto però c’è chi sceglie di rompere il muro del silenzio e il caso finisce in tribunale con la condanna dell’ex marito quarantenne di una signora che abita in un paese a nord di Oristano, non molto distante dal capoluogo.

La pena è di cinque anni e mezzo per accuse pesantissime figlie di un quadro da inferno quotidiano. Per tantissimo tempo, la maggior parte del quale coincideva con il momento in cui era in corso la separazione tra i coniugi, la moglie si è trovata di fronte alla razione quotidiana di minacce, offese e, di tanto in tanto, anche qualche violenza fisica. Per il codice penale tutto questo ha un nome: maltrattamenti in famiglia. Sembra tanto, invece c’è di peggio perché accanto ai capelli tirari, alle minacce di soffocarla e alla denigrazione quotidiana, si aggiunse un abuso sessuale.

Accadde che l’ex marito pretendesse un rapporto che la signora non voleva più concedere e che egli non si arrese di fronte al rifiuto. Così la costrinse a unirsi con lui ottenendo con la forza il rapporto. Il tutto fu interrotto, oltre che dalla separazione, dalla denuncia penale che ha portato il commerciante di quarant’anni di fronte al collegio presieduto dal giudice Carla Altieri, giudici a latere Andrea Mereu ed Enrica Marson. Di fronte a loro la donna ha confermato tutte le accuse e il quadro familiare è stato ricostruito andando a dare fondamento alle accuse mosse dal pubblico ministero Paolo De Falco, che al termine della requisitoria ha sollecitato la condanna a sei anni.

La pubblica accusa ha trovato manforte nell’avvocato di parte civile Roberto Dau, mentre l’avvocato difensore Rita Madau ha sostenuto che le accuse non avessero fondamento e che si basassero esclusivamente sulle dichiarazioni della vittima senza che ci fossero altre prove o testimonianze che le confermassero. Per la difesa, la situazione di contrasto familiare generata dalla causa di separazione in corso, avrbebe quindi avuto l’effetto di inasprire gli animi ed esasperare situazioni portando anche a esagerazioni nella descrizione del rapporto tra i coniugi.

Tesi che non hanno fatto breccia tra i giudici.

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