Il figlio Gabriele: «Non è stata una vittoria»
Dopo l’abbraccio col padre: «Resto un ragazzo che ha perso dodici anni di vita col proprio genitore»
ORISTANO. Non è una soltanto la vittima di questo processo. Ci sono familiari e amici di Saverio De Sario. Ci sono soprattutto i due figli Gabriele e Michele. C’è la gioia di fronte a una giornata del genere, c’è il sollievo. Poi ci sono subito nuovi pensieri che si affacciano alla mente. È Gabriele De Sario a raccontarli: «Sì è vero, è finito un incubo, ma nel momento in cui termina continui a guardarti indietro e non riesci a pensare il futuro». Sono parole dure e profonde, che non nascondono un’amarezza che non svanisce e non trova sollievo con l’arrivo sempre sperato della sentenza davvero giusta. «Mi sono immediatamente fermato a pensare a tutto ciò che ho perso – racconta Gabriele De Sario –. Chi sono io anche ora che mio padre ha avuto giustizia? Sono un ragazzo che non ha avuto i genitori. Ho cancellato mia madre dopo tutto quello che ha fatto e ha fatto fare a me e mio fratello. Per dodici anni non ho visto mio padre. Adesso è tutto da ricostruire, ma la vita che abbiamo perso non la recuperiamo. La lacerazione è presente, forse passerà con gli anni, forse sarà sempre lì assieme a tutti noi».
La parola giustizia è una tardiva consolazione. «Sapevo che doveva finire così, la fiducia non ci è mai mancata dal momento in cui abbiamo avuto la consapevolezza di poter cambiare le cose. Però abbiamo dovuto fare anche i conti con i tempi della giustizia che sono stati un ulteriore ostacolo». (e.c.)