La Nuova Sardegna

Oristano

Aperta un’inchiesta per la morte di Doddore Meloni, è giallo sulle condizioni di salute

di Mauro Lissia
Aperta un’inchiesta per la morte di Doddore Meloni, è giallo sulle condizioni di salute

La Procura ha disposto l’autopsia su richiesta della famiglia dell’indipendentista morto dopo 66 giorni di sciopero della fame

06 luglio 2017
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CAGLIARI. Sarà l’autopsia a stabilire la causa della morte di Doddore Meloni: a disporla su richiesta della famiglia è stato il sostituto procuratore Marco Cocco, che aprirà un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato. L’incarico è stato conferito al medico legale Roberto Demontis, che eseguirà l’esame nella camera mortuaria del Santissima Trinità, l’ospedale cagliaritano dove il fondatore di Malu Entu ha cessato di vivere ieri mattina. Una morte controversa, la sua, che ha già sollevato un vespaio di polemiche, attacchi alla magistratura, richieste di ispezioni e la consueta tempesta sui social network. Al di là delle conclusioni sbrigative e accusatorie, gli ultimi 66 giorni di Salvatore Meloni sono tracciati puntualmente negli atti della sezione di sorveglianza del tribunale e nella documentazione depositata al centro medico del carcere e all’ospedale. In nessun caso, considerato che Doddore non ha mai perduto la lucidità, il giudice avrebbe potuto ordinare l’alimentazione forzata: la legge non lo consente.

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Il no alla scarcerazione. Prima di tutto le ragioni giuridiche che hanno impedito la scarcerazione: l’indipendentista di Terralba scontava al penitenziario di Uta una condanna a complessivi quattro anni e mezzo per reati fiscali e falso, mentre la pena massima prevista dalla legge perché possa essere concessa la custodia domiciliare è, senza alcuna possibilità di deroga, di quattro anni. Doddore non poteva beneficiare neppure del famoso comma 13 - noto anche come “comma Previti” - che riconosce il beneficio della detenzione casalinga agli ultrasettantenni. La ragione è semplice: era recidivo, vale a dire che aveva commesso più volte lo stesso reato. Le richieste di scarcerazione avanzate dal difensore erano infatti tutte riferite alle condizioni di salute, dovute allo sciopero della fame e della sete.

Gli esami clinici. Su questo punto entrano in gioco le valutazioni mediche. È certo che Meloni non può aver trascorso 66 giorni senza acqua e cibo. I medici del carcere e dell’ospedale confermano infatti che pur essendo fortemente dimagrito - si parla di venti chili - Doddore assumeva flebo di sostanze a base di zuccheri e interrompeva il digiuno assumendo omogeneizzati. I sanitari parlano di sottoalimentazione, ma agli atti del tribunale di sorveglianza non c’è traccia di un documento in cui le sue condizioni vengano valutate come incompatibili con la detenzione, come sostiene il difensore Cristina Puddu e come sospetta la famiglia. Risulta che sul suo stato di salute sia stato eseguito un costante monitoraggio, con informazioni quotidiane al giudice di sorveglianza Daniela Amato, che ha incontrato almeno in un’occasione il detenuto e ha cercato di dissuaderlo dall’azione di protesta. Il trasferimento temporaneo al Santissima Trinità non è stato disposto dal magistrato ma solo autorizzato su richiesta dalla struttura sanitaria del carcere di Uta per accertare a scopo precauzionale le condizioni del detenuto. All’ospedale Doddore è stato sottoposto a un esame molto approfondito, con analisi e test che hanno messo in evidenza valori clinici ritenuti normali. Meloni era provato ma sembra che nulla potesse lasciar presagire un improvviso peggioramento delle sue condizioni, fino alla morte. Risulta che appena prima del decesso i medici avevano deciso di dimetterlo. Nessuno dei sanitari che hanno seguito Meloni ha rilevato condizioni di salute incompatibili con il carcere. L’avvocato difensore è di parere opposto e ha insistito sino alla fine per ottenere la scarcerazione. Se dopo l’autopsia l’inchiesta andrà avanti sarà la Procura a cercare una risposta agli interrogativi aperti dalla fine di Doddore.

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Visite in ospedale? C’è infine un dettaglio che potrebbe suscitare l’interesse della Procura: lunedì scorso il magistrato di sorveglianza aveva tolto il piantonamento nella stanza di Doddore Meloni, che era dunque diventato un paziente come tutti gli altri. Chiunque avrebbe potuto avvicinarlo e aiutarlo ad alimentarsi approfittando delle ore aperte alle visite. E’ solo un’ipotesi da approfondire e valutare.

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