La Nuova Sardegna

Oristano

Il “Paradiso” dell’evasione fiscale

Il “Paradiso” dell’evasione fiscale

Attività commerciale nel mirino dell’Agenzia delle Entrate: mancano due milioni

26 luglio 2017
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ORISTANO. Grande magazzino, grande evasione fiscale. Non è uno spot né un’equazione dal risultato certo, bensì l’esito degli accertamenti degli ispettori dell’Agenzia delle Entrate che hanno contato sino ad arrivare a una cifra che sfiora i due milioni di euro. Così sul banco degli imputati finisce la giovane imprenditrice di origine cinese Jingjing Wang, 29 anni, accusata di aver fatto sparire con operazioni di contabilità nemmeno troppo complicate una notevole cifra che invece sarebbe dovuta essere destinata alle casse dello Stato.

Jingjing Wang era amministratrice unica della società “Il Paradiso dello shopping” che gestisce l’attività nel grande locale che si trova in via Cagliari all’ingresso nord della città. Secondo gli accertamenti degli ispettori dell’Agenzia delle Entrate, l’inganno da cui poi sarebbe scaturita l’evasione fiscale sarebbe figlio della fasulla rappresentazione delle scritture contabili. La contestazione che le muove il pubblico ministero Daniela Muntoni chiarisce meglio i contorni entro i quali si sarebbe mossa l’amministratrice. L’evasione si sarebbe ripetuta per ben due anni di seguito: dal bilancio del 2013 sarebbero stati fatti transitare nel conto cassa 517mila euro, ma quei soldi facevano parta di un’errata assegnazione proveniente dal conto fornitori. Questa mossa permetteva di far risultare attivo il conto cassa che invece sarebbe stato in negativo per 556mila euro i quali poi sarebbero spariti dal conto cassa finale e quindi si suppone che tutto quel contante sia finito in canali esterni a quelli societari. Sempre nel 2013 l’amministratrice avrebbe indicato nella dichiarazione finale attivi inferiori rispetto a quelli effetivi facendo registrare un’evasione dell’Ires per 546mila euro e dell’Iva per 426mila euro.

Un discorso simile vale per l’anno successivo. Nel 2014, nonostante la vendita di merci per 908mila euro, erano stati registrati incassi per appena 478mila euro, aggiungendo a ciò nuovamente un’evasione dell’Ires per 525mila euro e dell’Iva per 420mila euro. Ciò sarebbe stato possibile attraverso la sparizione degli scontrini fiscali rilasciati ai clienti. Il problema è che non venivano poi inseriti nelle scritture contabili da dove risultava quindi un incasso nettamente inferiore a quello che invece è stato rilevato dall’ispezione.

Questa versione è stata contestata dagli avvocati difensori Franco Latti e Luca Manconi i quali hanno sottoposto numerose domande agli ispettori chiamati a deporre di fronte al giudice monocratico Francesco Mameli, il quale ha poi fissato al 12 dicembre e 20 febbraio le prossime udienze durante le quali si definirà il processo.

L’aspetto penale, tra l’altro, è affiancato da quello civile perché è in corso la causa con cui lo Stato cerca di recuperare ciò che ritiene non gli sia stato pagato. (e.c.)

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