La Nuova Sardegna

Oristano

L’addio ad Atzeni: «Fermiamo l’odio e le vendette»

di Michela Cuccu
L’addio ad Atzeni: «Fermiamo l’odio e le vendette»

L’omelia a Ghilarza ai funerali dell’operaio 52enne ucciso Sulla bara una sua foto sorridente. Proseguono le indagini

07 settembre 2017
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GHILARZA. «Fermiamo odio e vendetta, allontaniamoli dalla nostra terra». Le parole di don Michele Sau sono pesanti come macigni. Nell’omelia della messa funebre di Mario Atzeni, ucciso con una fucilata al volto all’alba di sabato, ai fedeli che affollano le bancate della parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, ripete più volte le parole «odio e vendetta».

«Dio ci lascia la libertà anche di far arrivare i suoi figli al suo cospetto prima del tempo, ma non vuole la morte: vuole la vita». Il sacerdote ha la voce calma, in chiesa il silenzio è assoluto, il dolore composto. Dieci minuti prima dell’inizio della funzione, dinanzi al sagrato si ferma l’autoblindo della polizia penitenziaria. Scortano uno dei cinque figli di Mario Atzeni, detenuto che ha avuto il permesso di partecipare ai funerali del padre. In strada lo attende la madre, Tommasina Spiga. Assieme entrano in chiesa e si siedono con i fratelli e le sorelle, accanto alla bara di legno chiaro con sopra una foto di Mario Atzeni con il volto sorridente e disteso: malgrado il dolore è questa l’immagine che la moglie e i figli vogliono lasciare di lui.

C’è voglia di verità stampata sui volti delle persone, arrivate anche dai paesi vicini per dare l’ultimo saluto a Mario Atzeni che da tempo si era trasferito con la famiglia ad Abbasanta ma che a Ghilarza era nato 52 anni fa e dove ieri è tornato per esservi seppellito. Insomma, un figlio che ritorna alla casa del padre. Il parroco, che ha celebrato insieme al collega di Abbasanta, don Mario Cuscusa, e a don Italo Schirra, ha scelto il vangelo di Luca, nel brano dove il figlio di Dio offre di se una immagine di protezione, quasi materna. «Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea».

Don Michele Sau ha insistito sulla necessità di dialogo, per sanare le incomprensioni, parla «incontro fra persone».

Concludendo il sacerdote ha augurato ai presenti: «Il Signore porti i nostri cuori al perdono e al pentimento e conduca Mario in nuovi pascoli, dove l'odio e la vendetta non sono altro che un triste ricordo».

Troppi sono gli interrogativi ai quali gli investigatori stanno cercando di dare una risposta, per un delitto che certo, sembra scaturito dalla voglia di vendetta, per un presunto torto del quale nessuno, apparentemente, sa nulla.

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