La Nuova Sardegna

Oristano

Bancarelle in crisi, concessioni revocate

di Michela Cuccu
Bancarelle in crisi, concessioni revocate

Emorragia di clienti: a differenza del recente passato è facile persino trovare parcheggio in zona. Bene solo gli alimentari

18 ottobre 2017
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ORISTANO. Otto concessioni revocate dal Comune “per morosità”: otto venditori ambulanti che lasciano il mercato di via Aristana. È il segno della crisi dello storico mercato all’aperto, quello che fino a quindici anni fa attirava acquirenti da tutta la provincia, che due volte alla settimana venivano in città per far scorta di frutta e verdura, ma anche per comprare casalinghi e rifarsi il guardaroba. Adesso, di folla alle bancarelle non ce n’è più.

Parcheggio facile. Persino parcheggiare con l’auto nelle vie adiacenti non è più un’impresa. Un’emorragia di clienti e di venditori: saltano agli occhi gli spazi vuoti fra le bancarelle, anche due posteggi di fila, che vogliono dire che due venditori ambulanti hanno abbandonato quella che un tempo era sicuramente una delle piazze più ambite. Il Comune ha provato più volte a modificare la disposizione di un mercato che a colpo d’occhio è stanco e superato. Prima concentrando tutte le bancarelle in un’unica strada e di recente ridistribuendole anche lungo la via Arborea, aumentando anche la disponibilità dei posteggi. Che sono rimasti vuoti.

Sempre meno clienti. I clienti sono sempre di meno. «È il risultato di scelte sbagliate» dice Tonio Corda, di Terralba che con il suo banco di casalinghi ha fatto un po’ la storia del mercato cittadino. «Se i clienti non vengono più è perché fare la spesa qui è diventato dispersivo. Devi camminare troppo per trovare il banco che ti interessa per poi trascinarti le buste della spesa per decine di metri. Certo – aggiunge – si dirà che noi subiamo gli effetti della concorrenza della grande distribuzione, ma non è esatto. Al mercato si trovano merci diverse, facciamo la differenza. Ma se lo rendiamo inaccessibile, i clienti se ne vanno».

Doppia velocità. È un mercato a due velocità. Nel senso che se per il “non alimentare” gli affari vanno a rilento, non è così per gli alimentari. Giacomo Pili ha un banco di frutta e verdura. Da lui, come altrove, il flusso dei clienti è continuo. «Sì - dice – per il nostro settore le cose vanno bene: questa è una buona piazza di vendita». E se i vecchi concessionari dei parcheggi se ne sono andati, per alcuni ambulanti della frutta e verdura si creano anche opportunità “last minute”, con gli spazi vuoti che vengono assegnati, anche per una sola giornata. È il caso di Antonio Porta, che ieri è arrivato con il suo camion di ortaggi da Villacidro.

Le due campane. «A me non sembra un mercato così in crisi – dice – certo, è la prima volta che vengo, però sto vendendo bene». È nel settore dell’abbigliamento che la crisi si fa evidente. Gerardo Diana, di Siamanna, è quasi una memoria storica di questo mercato. «Ci lavoro da quasi mezzo secolo, sto per andare in pensione, ma una crisi così non l’avevamo mai conosciuta», dice. Anche secondo Roberto Mura, gli affari vanno a rilento. «Lavoro qui da dieci anni, ma nell’ultimo periodo gli affari sono crollati», dice. Roberto Contu è di Assemini e gira i mercati di tutta la provincia. «Ci salviamo perché abbiamo una clientela ormai fissa, ma questa nuova disposizione del mercato così estesa, non va affatto bene».

La proposta. Massimo Salis, dal suo banco di calzature, lancia una proposta «Ridurre a un solo giorno il mercato. Due a settimana sono troppi e anche se qui a Oristano il suolo pubblico costa meno che altrove, per noi commercianti non è conveniente. A Cabras, ad esempio, dove il suolo pubblico costa di più, il volume di vendite è molto superiore». Qualche commerciante lega la diminuzione dei clienti al calo demografico «La città – dicono – è sempre meno popolata e gli abitanti, spesso anziani, non ce la fanno a venire fin qui per le compere». La crisi del mercato è confermata dalle associazioni di categoria che sperano nel progetto del Comune di spostare le bancarelle nell’area delle ex case minime. Sara Pintus, direttore dell’Ascom, dice: «Una collocazione più razionale è indispensabile».

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