La Nuova Sardegna

Oristano

Il matrimonio possibile tra Sartiglia e business

di Enrico Carta
Il matrimonio possibile tra Sartiglia e business

Gli esperti del marketing promuovono l’unione tra tradizione ed economia: «Carta bianca a un manager, progetto a lunga scadenza e competenze»

24 febbraio 2018
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ORISTANO. Oristano salvi la tradizione, ma apra la porta al business. Come due binari che portano il treno a destinazione, così affari e cuore possono stare affiancati senza invadere l’uno il campo dell’altro. Possono essere complementari l’uno all’altro. Sartiglia ed economia potrebbero essere splendide compagne di viaggio. Il commento di qualche giorno fa sulla Nuova Sardegna, apre il dibattito sulla possibilità di unire in matrimonio tradizione e affari. Quattro esperti del marketing, senza esitare un secondo, danno risposte affermative. La Sartiglia, proteggendo la tradizione, può riverlarsi un tesoro.

Giuseppe Melis. Cagliaritano, professore universitario di Marketing Turistico, insegna da vent’anni nell’ateneo cittadino. «È un evento con ricadute troppo circoscritte rispetto alla portata che può avere – afferma –. Può conservare le proprie radici senza per questo stare ferma, evolversi non significa per forza perdere le peculiarità e abbandonare la tradizione». Serve una ricetta? Forse è presto per averla completa, ma le idee da cui partire non mancano. «Dire di essere la città della Sartiglia non basta – prosegue –, perché Oristano non racconta Sartiglia tutto l’anno. Bisogna invece rendere tangibile tutti i giorni quegli elementi che riconducono alla manifestazione se davvero si vuole puntare su di essa. Bisogna consentire a tutti di immergersi costantemente nel mondo della Sartiglia. Si inizi a pensarla come se fosse un bene dell’intera comunità mondiale». Solo così si può inserire Oristano nelle carte geografiche e si possono generare ricadute positive che non si limitino a una sola settimana. «La consapevolezza – conclude – è il primo passo, il secondo è il coraggio di portare avanti questa idea e di essere trasparenti nel dialogo. Se fossi sindaco convocherei le diverse parti e inizierei da oggi la discussione, sceglierei un progetto e lo porterei avanti ben sapendo che i frutti non si raccoglierebbero domani. Sinora è mancata una visione politica ad ampio raggio e siamo fermi ancora ai tre giorni della manifestazione».

Gianni Giugnini. Pubblicitario oristanese, ha firmato alcune campagne di marketing di successo come quella delle cozze Nieddittas. «Si può mantenere o addirittura valorizzare la tradizione pur inserendo la Sartiglia in un processo economico legato al turismo – spiega –. La prima mossa? Definire, attraverso una ricerca filologica, il nucleo “sacro” della tradizione e preservarlo. Una volta fatto questo è necessario arricchire la manifestazione. Sbagliamo se continuiamo a intenderla come un affollarsi in un determinato punto a una determinata ora dei due giorni canonici». Parola d’ordine: allargare gli orizzonti e pensare al (non sempre) vil denaro. «Si possono inventare tante cose, persino il più banale tipo di merchandising, senza scalfire il nucleo originario della manifestazione – prosegue –. L’appoggio di chi la conosce nel profondo è imprescindibile, poi ci sono aspetti che vanno gestiti da chi ha la professionalità giusta. Mi pare manchi la consapevolezza di ciò che si vuole avere e successivamente di ciò che si vuole costruire attorno all’anima della Sartiglia. Bisogna investire prima di tutto su una figura manageriale che deve avere a disposizione budget e tempo».

Bruno Carboni. Pubblicitario, titolare dell’agenzia oristanese di comunicazione “Vento Adv” va al sodo. C’è un prodotto da conservare perché altrimenti si perde il suo valore; c’è poi lo stesso prodotto che può anche essere venduto senza comprometterne l’essenza. «La Sartiglia ha bisogno di diventare un prodotto appetibile – spiega –. Oltre alla tradizione, alle emozioni e al rispetto della storia e dei principali attori che la rendono così importante, ovvero gremi e cavalieri, dev’essere strutturata e presentata come evento capace di essere venduto in Italia e all’estero. Ne ha tutte le caratteristiche». Manca tutto il resto. «Serve una strategia che la trasformi in prodotto turistico ed esperienziale per poi promuoverla e costruirci attorno un pacchetto viaggio interamente dedicato. Si devono scindere le cose: tradizione e corsa devono restare in mano a Fondazione, gremi e cavalieri; il prodotto e la sua promozione devono andare in mano a professionisti che sappiano trasformarla in evento che abbia attrattività nel mercato turistico. L’atto finale è una strategia di comunicazione. Bisogna avere il coraggio di considerarla tradizione degli oristanesi, ma farla diventare un prodotto internazionale perché ne ha tutte le peculiarità e il potenziale».

Francesco Sanna. Oristanese, nuovo direttore dell’Hotel Le Ginestre di Porto Cervo. «Con la globalizzazione che domina – esordisce – il viaggiatore cerca eventi legati alle tradizioni, vuole diversità. Riallacciandomi al dibattito di questi giorni, non trovo corretta la distinzione tra carnevale e Sartiglia, è anzi un carnevale unico al mondo. Non vedo poi grosse difficoltà a inserire Oristano tra le destinazioni turistiche perché siamo in Sardegna la quale è già una destinazione turistica. Bisogna sponsorizzare l’evento all’interno di essa». Conseguenza logica di questa prima considerazione è la seconda: «È indispensabile la scelta di un destination manager con la massima professionalità. Bisogna dargli carta bianca, un budget col quale lavorare e tempo. Dovrà coinvolgere le persone giuste e verrebbe misurato in base ai risultati. Deve poter decidere tutto, tranne i due componidori e chi corre alla stella, perché sono i gremi e i cavalieri che fanno l’evento. Il loro ruolo è imprescindibile, però allo stesso tempo non devono occuparsi di altri aspetti gestionali. Loro sono la Sartiglia, per tutto il resto, se si vuole arrivare ad essere evento internazionale, bisogna avere un manager. Fattori favorevoli come il clima, la Mezza Maratona del Giudicato che si corre la domenica successiva sono già ottime opportunità su cui ragionare ma sono solo le prime idee. Serve un progetto chiaro, condiviso e con due obiettivi: economia e lavoro».

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