La Nuova Sardegna

Oristano

Lagune in crisi: accuse alla gestione cormorani “assolti”

di Michela Cuccu
Lagune in crisi: accuse alla gestione cormorani “assolti”

Pinna (Lipu): abbattimenti inutili, settore poco organizzato Risorse non sfruttate, infrastrutture ancora inadeguate

19 ottobre 2018
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CABRAS. «Se le lagune dell’Oristanese sono sempre meno produttive la causa non sono certo i cormorani, ma ad esempio, l’inquinamento e la gestione inadeguata degli stagni». Gabriele Pinna è il curatore del dossier della Lipu che ha rivelato come l’impatto dei cormorani sull’attività della pesca è diminuito nel corso degli anni. «Il loro numero si è quasi dimezzato e questo – dice – lo confermano i risultati del censimento che la Provincia ha affidato a società specializzate: nel 2015 ne sono stati individuati quasi 13mila, scesi, nel 2016 a poco meno di 7mila. Sicuramente non a causa degli abbattimenti che si sono rivelati completamente inutili». Insomma, un calo del 47 per cento dei migratori particolarmente voraci. «I danni ci sono – dice Pinna – ed è giusto che i pescatori ottengano dalla Regione gli indennizzi, ma fermarsi solo a questo aspetto non risolverà i problemi della laguna e di chi ci lavora». La questione della, per così dire, carente, della laguna, era stata già ufficializzata nel 2006 dalla Regione attraverso il Progetto di sviluppo integrato pesca e zone umide dell’Oristanese. «La pesca in laguna è fortemente condizionata dai problemi di inquinamento e circolazione idrica, dalle carenze qualitative e quantitative nelle infrastrutture, dallo scarso livello manageriale nella conduzione dei compendi e una disomogenea organizzazione del settore», si legge nel progetto regionale di cui il dossier della Lipu riporta anche altri passaggi. Ad esempio, sulle ragioni che impediscono il pieno utilizzo delle risorse presenti. «La scarsa specializzazione degli operatori, la scarsa valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale e la scarsa integrazione tra le competenze tecnico scientifiche esistenti nel territorio e gli operatori». Come dire che buona parte delle responsabilità ricadrebbe sugli stessi pescatori. «In effetti è proprio così – commenta Pinna – ma il progetto individua la necessità di un maggior coordinamento fra i vari soggetti che operano nelle lagune: non solo pescatori, ma anche amministratori, ricercatori, ambientalisti enti gestori delle acque che spesso, compiono autonomamente scelte poi in contrasto tra loro». Insomma, gli ostacoli da superare sono tanti. Sempre secondo il programma regionale, si parte dall’eccessivo sfruttamento delle risorse marine e lagunari: «La pesca – si legge – è concentrata soprattutto nella fascia costiera e nelle lagune. Dato l’elevato numero di pescatori si ha un eccessivo sfruttamento con il depauperamento delle risorse ittiche». Negli ultimi 20 anni, inoltre, la produttività delle lagune risulta fortemente diminuita, non solo per l’eccessivo sforzo di pesca, ma anche per il degrado ambientale. A Cabras, ad esempio, la resa della laguna si è dimezzata a seguito della moria del 1999, passando da circa 400 chili per ettaro ad appena 150. Lo studio rivela che lo stesso fenomeno si sia verificato anche nelle altre lagune, con una riduzione particolarmente significativa di specie pregiate. C’è poi la questione della scarsa integrazione della pesca con settori complementari che invece garantirebbero sbocchi alternativi e maggior reddito per i pescatori.

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