La Nuova Sardegna

Oristano

Perseguitava l’ex, condannato

di Enrico Carta
Perseguitava l’ex, condannato

Pedinamenti, aggressioni, minacce e danneggiamenti resero la vita impossibile alla compagna

01 novembre 2019
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CABRAS. Ognuno ha la sua ombra. Quella di I.M. era molto ingombrante e non aveva le sembianze di un angelo custode. Aveva quelle dell’ex compagno G.S. che compariva in ogni dove, come un incubo ricorrente ed estremamente violento. Il codice penale li chiama atti persecutori, ma ormai tutti usano la parola stalking ed è uno dei cinque reati per cui il quarantenne è stato condannato a due anni, su richiesta del pubblico ministero Valerio Bagattini, al termine del rito abbreviato che si è celebrato di fronte alla giudice per le udienze preliminari, Annie Cecile Pinello.

Contro l’imputato, che nei mesi scorsi era stato anche in custodia cautelare in carcere, era stata presentata qualche mese fa la richiesta di rito immediato a cui aveva fatto seguito la scelta del rito alternativo da parte dell’avvocato difensore Stefano Piras. Ed è in questa fase processuale che, ieri, la pubblica accusa ha esposto quanto le indagini avevano messo in evidenza. C’è un inizio, come in tutte le storie. È il 2016 e la relazione tra i due volge al termine, ma c’è chi non si vuole rassegnare e così, anziché accettare la decisione dell’altra metà della coppia G.S. sceglie un’altra strada. Inizia a perseguitare la sua ex e lo fa in vari modi. Secondo quanto ricostruito sia con la denuncia della parte offesa sia con i controlli della Squadra mobile sia con la raccolta di altre testimonianze, l’imputato aveva costretto la sua vittima a cambiare abitudini di vita. Qualsiasi uscita di casa era accompagnata dal timore, peraltro fondato, che l’ex compagno comparisse. Accadde in più occasioni a Torregrande, a Is Aruttas, a Oristano, a Cabras dove una semplice passeggiata con amici si trasformava nell’occasione per le incursioni di G.S. che, non pago di intimorire I.M., rivolgeva minacce anche alle persone con cui si accompagnava. Tanti occhi lo vedevano, come quando la costrinse a fermare l’auto e a scendere dopo aver iniziato a dare calci contro lo sportello, a urlare contro l’ex compagna non curante degli altri che assistevano alla scena. L’auto fu uno degli oggetti preferiti con cui prendersela, visto che più volte fu rigata la carrozzeria.

Nemmeno la casa era sicura, visto che le irruzioni nel luogo in cui i due avevano vissuto assieme non erano infrequenti. In quelle occasioni si scatenava la furia devastatrice che portava alla distruzione di piatti e altri oggetti e poco importava se in casa c’erano i figli, che assistevano alle violenze e alle offese.

Inarrestabile. G.S. era a processo anche per aver danneggiato la barca dell’ex compagna, ormeggiata al porticciolo di Torregrande. Rotto un oblò e poi la porta d’ingresso per la cabina riuscì a entrare e a devastare gli interni tentando di poi di rompere il motore versando dello zucchero nel serbatoio del carburante. E nemmeno dall’estetista l’ex compagna poteva trascorrere qualche minuto di tranquillità. Anche lì fece irruzione e, dopo averla ingiuriata, le strappò dal collo una catenina. L’invasione violenta nella vita della ex si concretizzò poi anche con l’utilizzo del suo profilo Facebook, tramite il telefono che le aveva strappato di mano. È così che al reato di atti persecutori si sono aggiunti quelli di danneggiamento, violazione di domicilio, sostituzione di persona. L’ultimo è quello del porto di un coltello, trovato durante un intervento della polizia.

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