Il testimone: «La firma non è mia»
Documento contestato al centro del processo per immigrazione clandestina
19 dicembre 2019
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ORISTANO. Il testimone nega che quella firma sia la sua e così si apre uno scenario nuovo al processo che riguarda i presunti casi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che vedono coinvolta la consulente Esmeralda Trogu, 47 anni di Oristano, e il mediatore di origine indiana Baiwinder Kumar. Nella scorsa udienza era stata proprio Esmeralda Trogu a spiegare che Stefano Angotzi, vice presidente della cooperativa sociale “Nuraghe Pische” aveva prestato il consenso affinché alcuni lavoratori stranieri potessero prestare la loro opera nella cooperativa. In udienza, gli avvocati Gianfranco Siuni e Claudia Piroddu, avevano presentato il documento che avrebbe dovuto certificare proprio questo fatto, solo che il testimone ha chiarito alla giudice Silvia Palmas, di fronte alla quale si svolge il processo con rito abbreviato, al pubblico ministero Armando Mammone e agli stessi avvocati della difesa – Baiwinder Kumar è assistito dall’avvocato Fabio Costa – e della parte civile rappresentata dall’avvocato Antonietta Sogos che la firma su quel documento non è la sua. Significa che si è di fronte a un documento fasullo e questo potrebbe portare alla rinuncia dell’incarico difensivo da parte degli avvocati Gianfranco Siuni e Claudia Piroddu.
La prossima udienza è fissata per il 19 febbraio. A far partire l’inchiesta era stata la segnalazione di un datore di lavoro che aveva ritrovato nell’elenco dei suoi dipendenti un cittadino stranieri che non conosceva. Aveva così presentato denuncia ai carabinieri di Riola Sardo che avevano fatto partire l’indagine poi arrivata a individuare un presunto giro di affari che avrebbe fruttato oltre 100mila euro.
La prossima udienza è fissata per il 19 febbraio. A far partire l’inchiesta era stata la segnalazione di un datore di lavoro che aveva ritrovato nell’elenco dei suoi dipendenti un cittadino stranieri che non conosceva. Aveva così presentato denuncia ai carabinieri di Riola Sardo che avevano fatto partire l’indagine poi arrivata a individuare un presunto giro di affari che avrebbe fruttato oltre 100mila euro.