Pesca dei ricci: è allarme Missione al ministero
di Valentina Atzeni
Cabras, i pescatori autorizzati rischiano una doppia beffa e accusano gli abusivi Il sindaco si prepara a convincere Roma per evitare il blocco totale delle attività
16 febbraio 2020
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CABRAS. Problema numero uno: gli abusivi. Problema numero due: la stagionalità. Questo ha raccontato l’incontro nella sede dell’Area Marina Protetta, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni dei pescatori di ricci di mare, il sindaco Andrea Abis e il direttore dell’Amp Sinis Mal di Ventre, Massimo Marras. Obiettivo comune: trovare delle soluzioni per risolvere l’ormai annoso problema della pesca del ricco di mare. A chiedere il confronto è stata l’Unione pescatori subacquei professionali di Oristano, preoccupati dalla sempre più destabilizzante minaccia di chiusura della loro attività. «Le nostre famiglie vivono dei proventi della pesca del riccio – dichiara il presidente David Bichi –. Siamo circa cinquantacinque e chiediamo di poter lavorare secondo i limiti imposti dalla Regione, nel pieno rispetto dell’ambiente».
La situazione attuale ha però una causa ben definita che prende il nome di abusivismo. Lo dicono in coro, licenza in mano, i pescatori locali. “Siamo al paradosso – afferma Bichi –, siamo autorizzati alla pesca nelle zone dell’Area marina eppure rischiamo di dover restare all’asciutto, mentre gli abusivi continuano a prelevare le risorse senza sosta».
Non negano il problema gli amministratori locali, che per questo hanno annunciato che già la prossima settimana potrebbero recarsi in missione a Roma, al ministero dell’Ambiente, per ottenere risposte e soluzioni concrete. «I controlli per evitare l’abusivismo ci sono – dice il sindaco Andrea Abis –, è evidente che non siano abbastanza efficaci considerando che nelle zone a tutela integrale non sono presenti esemplari di riccio per via dei prelievi illegali».
D’altra parte i pescatori sono sicuri che la loro presenza in mare, oltre a garantire loro un lavoro, serva da deterrente proprio per evitare il dilagare dell’abusivismo. «A Cabras i numeri del commercio illegale di ricci sono spaventosi e tendono ad aumentare di anno in anno. Temiamo che una volta chiusa la stagione il 15 aprile, si decida di non riaprirla», ammette David Bichi.
«Sicuramente da Roma è complicato percepire l’ampiezza del problema in quanto i conti si fanno con i dati dei monitoraggi. Noi però sosterremo la necessità di preservare la pesca anche per motivi che vanno al di là del semplice guadagno – aggiunge Massimo Marras –. Quello del ricciaio è un mestiere che caratterizza il territorio, poco diffuso in Italia e che fa parte della cultura locale. Perderlo significherebbe eliminare una ricchezza sociale».
Punto fermo è ovviamente quello di effettuare a una pesca sostenibile, i cui risultati non saranno evidenti nel breve periodo. Tre sono le richieste da portare al ministero: un più efficace sistema di controlli, azioni per l’eliminazione della pesca illegale e un fermo pesca ben strutturato, che possa dare alternative al settore nel periodo di fermo. «Un progetto di eccellenza prevede un uso del personale lavorante in modo alternativo – affermano Abis e Marras –. Un esempio sarebbe quello di vedetta per la vigilanza».
La situazione attuale ha però una causa ben definita che prende il nome di abusivismo. Lo dicono in coro, licenza in mano, i pescatori locali. “Siamo al paradosso – afferma Bichi –, siamo autorizzati alla pesca nelle zone dell’Area marina eppure rischiamo di dover restare all’asciutto, mentre gli abusivi continuano a prelevare le risorse senza sosta».
Non negano il problema gli amministratori locali, che per questo hanno annunciato che già la prossima settimana potrebbero recarsi in missione a Roma, al ministero dell’Ambiente, per ottenere risposte e soluzioni concrete. «I controlli per evitare l’abusivismo ci sono – dice il sindaco Andrea Abis –, è evidente che non siano abbastanza efficaci considerando che nelle zone a tutela integrale non sono presenti esemplari di riccio per via dei prelievi illegali».
D’altra parte i pescatori sono sicuri che la loro presenza in mare, oltre a garantire loro un lavoro, serva da deterrente proprio per evitare il dilagare dell’abusivismo. «A Cabras i numeri del commercio illegale di ricci sono spaventosi e tendono ad aumentare di anno in anno. Temiamo che una volta chiusa la stagione il 15 aprile, si decida di non riaprirla», ammette David Bichi.
«Sicuramente da Roma è complicato percepire l’ampiezza del problema in quanto i conti si fanno con i dati dei monitoraggi. Noi però sosterremo la necessità di preservare la pesca anche per motivi che vanno al di là del semplice guadagno – aggiunge Massimo Marras –. Quello del ricciaio è un mestiere che caratterizza il territorio, poco diffuso in Italia e che fa parte della cultura locale. Perderlo significherebbe eliminare una ricchezza sociale».
Punto fermo è ovviamente quello di effettuare a una pesca sostenibile, i cui risultati non saranno evidenti nel breve periodo. Tre sono le richieste da portare al ministero: un più efficace sistema di controlli, azioni per l’eliminazione della pesca illegale e un fermo pesca ben strutturato, che possa dare alternative al settore nel periodo di fermo. «Un progetto di eccellenza prevede un uso del personale lavorante in modo alternativo – affermano Abis e Marras –. Un esempio sarebbe quello di vedetta per la vigilanza».