La Nuova Sardegna

Oristano

Morti da amianto senza colpevoli

di Michela Cuccu
Morti da amianto senza colpevoli

Per la procura non ci sono elementi per attribuire responsabilità ai proprietari di Sardit e Cema

14 marzo 2020
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ORISTANO. La Procura chiede nuovamente l’archiviazione dell’inchiesta giudiziaria che doveva stabilire eventuali responsabilità sulle morti legate all’amianto. L’udienza davanti al giudice per le udienze preliminari fissata per discutere la richiesta di archiviazione che era fissata per il 18 marzo, slitterà a causa della sospensione delle attività del tribunale per l’emergenza coronavirus, ma l’associazione ex esposti che aveva presentato le denunce e il loro legale, annuncia battaglia. «Ci opporremo ancora, come già avevamo fatto due anni fa – dice l’avvocatessa Giannella Urru –. Su questa vicenda non si possono mettere pietre tombali. Ci vuole un processo perché quanto è accaduto in questo territorio non può essere mandato in archivio così».

È una battaglia giudiziaria che l’Areas provinciale, sta portando avanti dal 2012, quando depositò un esposto, contro ignoti, che chiedeva si procedesse per i reati di danno ambientale e omicidio colposo plurimo per le morti – all'epoca dell’esposto ne erano state conteggiate circa 40 – a causa delle fibre di amianto. Nell’Oristanese di fabbriche che lavoravano il cemento amianto ce n’erano due: la Sardit e la Cema Sarda, che operarono fra il 1974 e il 1994, anno della chiusura decisa da una legge nazionale che mise al bando la fibra killer. Le indagini, una per ciascuna azienda, da subito cercarono di accertare eventuali responsabilità da parte dei proprietari dei due stabilimenti. Oltre a quelle ne scaturì una terza in seguito alla presentazione di un esposto da parte dell’Asl, per episodi successivi alla chiusura degli impianti.

Già nel 2017, il sostituto procuratore della Repubblica, Marco Ulzega, all’epoca titolare dell’inchiesta, aveva chiesto l’archiviazione dei tre procedimenti. I legali di Areas, le avvocatesse Giannella Urru e Roberta Rodin, si opposero, ottenendo dal giudice Silvia Palmas, una proroga di indagini. Nel provvedimento, il giudice aveva infatti chiarito che chi indaga ha il dovere di scovare gli eventuali responsabili. L’inchiesta andò così avanti e la procura sentì decine di testimoni, ex dipendenti delle due aziende e i loro familiari.

«Spiegammo cosa accadeva allora negli stabilimenti, dove, non veniva presa nessuna misura per proteggerci dai rischi dell’amianto - racconta Giampaolo Lilliu, ex dipendente Sardit, oggi presidente di Areas Oristano –. Noi respiravamo quella roba, tornavamo a casa pieni di polveri ed erano le nostre mogli a lavare le tute da lavoro. Proprio per questo spesso si sono ammalati anche familiari degli operai e non solo. I responsabili di quelle morti vanno trovati, non per un desiderio di vendetta, ma per giustizia nei confronti dei loro familiari».

Oggi lo stesso scenario del 2017 si ripropone. Le conclusioni della procura sarebbero rimaste praticamente immutate, «basate su una perizia medico legale che affermerebbe l’assenza di un nesso di casualità. In altre parole quelle morti, pur determinate da malattie correlate alle fibre di amianto, è impossibile imputarle a un preciso responsabile», riferisce l’avvocatessa Giannella Urru, che annuncia battaglia: «Anche allora segnalai che quella perizia medico legale era incompleta. Si trattava di una bozza, contenente dati che non collimavano. Inoltre, la procura non sarebbe riuscita a rintracciare uno degli ex proprietari degli stabilimenti, che vive in Svizzera».

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