La Nuova Sardegna

Oristano

«Fate arrivare i turisti o l’agricoltura muore»

di Enrico Carta
«Fate arrivare i turisti o l’agricoltura muore»

Il grido di allarme di Coldiretti e delle aziende dell’ortofrutta del Terralbese: «Dopo il crollo nelle vendite dei mesi scorsi, ora abbiamo bisogno dei vacanzieri»

30 maggio 2020
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TERRALBA. Uno spettro aleggia nelle campagne del Terralbese. Forse si è già materializzato con questi tre mesi di serrata generale: è la crisi. La falce che porta in mano non è la stessa che usavano gli agricoltori dei tempi andati, ma somiglia molto di più a quella della morte che minaccia da vicino uno dei settori trainanti dell’economia delle piane del Campidano e dell’intera provincia di Oristano. Centinaia di addetti, un indotto che coinvolge tantissime altri settori, una rete di aziende che fa invidia a settori produttivi molto più famosi. Ma anche una paura che si materializza sempre più, quella del crollo del turismo.

L’effetto domino sarebbe tanto automatico quanto devastante perché il crollo delle vendite manderebbe gambe all’aria il comparto. L’allarme lo lancia la Coldiretti, ma non è la sua solo una voce “sindacale”. L’associazione di categoria parla con le voci di questo piccolo miracolo economico; usa le parole di chi vede davanti a sé aleggiare proprio lo spettro di una Sardegna blindata, con i passaporti sanitari che potrebbero decretare l’addio a tempi migliori di qualsiasi tipo di flusso turistico.

Le aziende agricole che hanno nella produzione di frutta e ortaggi il loro fiore all’occhiello sanno benissimo che a breve i prodotti dei campi saranno maturi. Pronti per l’estate, ma senza bocche che ne apprezzino il sapore, proprio perché è il turismo il vero grande detonatore capace di far aumentare vertiginosamente consumi e vendite. Senza vacanzieri non sardi, insomma, le colture rimarrebbero a marcire nei campi.

Vittorio Vaccargiu, serricoltore, orticoltore e produttore di funghi di Terralba evidenzia come sia aumentato il rischio di impresa: «È un rischio difficilmente sostenibile, in quanto le aziende sono scarsamente capitalizzate. Solo ad aprile, la nostra azienda ha avuto un calo del fatturato del 31%. La paura è che si tratti dell’inizio di un trend negativo, cui bisogna aggiungere l’aumento dei costi che ci penalizza oltremodo nelle esportazioni. Lo stop al turismo riduce fortemente le vendite verso la ristorazione e il settore alberghiero, ma anche nella stessa grande distribuzione in cui tante aziende del territorio sono già presenti».

Giampietro Mannai, oltre che produttore di ortive a Terralba, è presidente di sezione Coldiretti: «Le produzioni sarde sono in sofferenza a causa delle importazioni che arrivano da altri stati, in particolare dalla Spagna. Stiamo vivendo una situazione non favorevole, considerato che siamo solo nella fase iniziale della campagna estiva» e per uscire dal vortice della crisi servono i turisti.

Anche Salvatore Lotta, direttore de L’orto di Eleonora, forse è netto: «L’azienda ha dovuto rivedere la programmazione delle coltivazioni in funzione dell’emergenza, riducendo in via prudenziale del 20% la potenzialità produttiva. Abbiamo provato a contrastare questa tendenza con la ricerca di altri sbocchi di mercato nel Nord est della penisola, ma non basta».

Gian Gavino Dessì parla a nome della Società Agricola Fratelli Dessì di Terralba: «Una contrazione dei consumi di ortive è già in atto. Molte delle colture estive sono pronte per la raccolta così si incrementerà in modo notevole l’offerta verso un mercato che non riesce ad assorbire la mole di prodotto. Il risultato è che molta merce invenduta viene già oggi buttata. Il turismo è la valvola di sfogo per molte delle nostre produzioni».

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