La Nuova Sardegna

Oristano

La Procura di Oristano frena il business della canapa

Enrico Carta
La Procura di Oristano frena il business della canapa

Sequestrate diverse centinaia di chili di sativa: è legale solo la coltivazione, sono vietate lavorazione e vendita

22 novembre 2020
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ORISTANO. Legale, ma non troppo. La si può coltivare, ma appena iniziano la stagione della raccolta e la lavorazione, cominciano anche i guai. E sono guai in serie, perché nelle ultime settimane i proprietari di alcune coltivazioni di canapa indiana hanno visto il prodotto finire sotto sequestro. La procura si è infatti infilata in quello che ritiene essere un vuoto normativo – esiste peraltro già un pronunciamento della Cassazione in tal senso – che, da qualche anno, consente la coltivazione di cannabis, purché il thc non superi un certo limite.

In tutti questi casi finiti sotto la lente d’ingrandimento della magistratura il principio attivo non c’entra. Il problema è di ben altro tipo. Sinora i sequestri di diversi quintali di cannabis sativa, ovvero la marijuana che non ha l’effetto di quella usata come stupefacente, sono arrivati perché la procura, coordinata dal procuratore Ezio Domenico Basso, ritiene che la legge consenta esclusivamente la coltivazione.

Chi riceve i permessi per impiantarla nei propri terreni, fermo restando il valore massimo del thc da non superare, non avrebbe l’autorizzazione a trattarla per farne un prodotto finito e quindi a cederla alle aziende che poi si occupano della commercializzazione in vari modi. Insomma, la pianta nel terreno va benissimo, mentre estirparla, lavorarla, separare le infiorescenze, farla essiccare e ricavarne oli o altri prodotti finiti non sarebbe consentito.

Per ora lo scontro giudiziario non c’è stato nonostante i sequestri si stiano moltiplicando. Le forze dell’ordine hanno agito su indicazione della procura e hanno quindi effettuato i sequestri convalidati poi dai vari pubblici ministeri che si sono occupati dei casi. La magistratura giudicante ancora non è stata chiamata in causa, ma lo farà a breve. Gli avvocati Cristina Puddu e Antonello Spada, ad esempio, stanno preparando il riesame per conto dei loro clienti, perché ritengono che la procedura sia stata rispettata. Gli agricoltori che avevano impiantato la canapa sono stati infatti sottoposti a controlli costanti durante la coltivazione. Sono state fatte verifiche sia sul numero delle piante sia sulla quantità di principio attivo in esse presente. Del resto anche i semi o le piantine da mettere a dimora erano state acquistate tramite ditte specializzate che svolgono anche il ruolo di fornitrici della materia prima oltre che di acquirenti finali per la vendita al dettaglio. Tutta questa serie di operazioni sarebbe assolutamente legittima, addirittura incentivata come qualsiasi altra attività agricola. Il problema però nasce al momento della lavorazione. Chi avrà ragione? La procura o i coltivatori? Intanto sacchi di canapa giacciono nei magazzini in attesa di una destinazione: finiranno dai rivenditori o al macero?

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