La Nuova Sardegna

Oristano

Niente suoni e colori, ma resta il profumo della frittura di zippole

di Michela Cuccu
Niente suoni e colori, ma resta il profumo della frittura di zippole

Nelle pasticcerie e nelle case dei più golosi non manca il dolce tipico e più apprezzato dei giorni di carnevale

14 febbraio 2021
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ORISTANO. Niente colori, niente coccarde, nessuno squillo di tromba o rullata di tamburi, men che meno, lo scalpiccio di cavalli che attraversano la città. Cancellata la Sartiglia, oltre alle emozioni, mancheranno suoni e colori, ma non il profumo e il sapore delle fritture. La Sartiglia scampò per pochi giorni alla serrata dello scorso marzo e come allora sarà il cibo a resistere alle rigide disposizioni anticontagio. Mancheranno bancarelle e locande ambulanti cariche di ogni prelibatezza, che fanno anche loro da sfondo alla giostra medievale. Non ci sarà il rito di quello che oggi si chiama con vezzo esterofilo street food, ma è difficile immaginare che gli oristanesi rinuncino al cibo simbolo del carnevale: le zippole.

Nelle pasticcerie, ma anche nelle case, la frittura è un rito in atto da diversi giorni. Rito, perché è indispensabile una grande abilità per riuscire a preparare le zippole oristanesi, arrotolate in un’unica spirale di pasta soffice e zuccherata, profumata di scorza d’arancia, che può arrivare alla lunghezza di due metri. Manualità ed esperienza sono gli ingredienti principali delle zippole che, contrariamente ad altre zone, si impastano unicamente con la semola di grano duro che va lavorata con pazienza. La buona riuscita, come per il pane, è legata all’alveolatura che si può verificare solo una volta cotta. Ci vuole abilità in ogni fase della preparazione dal saper aspettare che la lievitazione sia completata, al regolare la temperatura dell’olio che deve esser caldo ma mai bollente, al creare la spirale versando l’impasto senza interruzione attraverso un imbuto metallico, anche se i meno tradizionalisti ricorrono alla tasca da pasticcere.

È da giocolieri la mossa decisiva: rivoltare, senza romperla, la spirale nell’olio affinché cuocia perfettamente in tutti i lati. Non è finita: una zippola a regola d’arte non deve mai essere troppo unta e i palati esperti degli oristanesi, su questo non transigono. Regole e ricette che qui si tramandano da sempre, compresi i piccoli segreti indispensabili alla loro riuscita che sono custoditi come tesori dai pasticceri certamente, che di una buona frittura non mancano di far vanto, ma anche di coloro che le fanno in casa, con le ricette di famiglia. Senza temere di esagerare, si potrebbe dire “sua maestà”, la zippola. Non troppi anni fa, del resto, il Comune, proprio in occasione della Sartiglia, indisse persino un concorso tra pasticceri professionisti, “La zippola d’oro” conquistata da Bachisio Picca Uda. Paradossalmente, le sue zippole non sono a forma di spirale, ma chiuse ad anello ed anche la ricetta non è oristanese ma arriva da Illorai, che il padre di Bachisio, originario del paese del Goceano, portò con se quando si stabilì a Oristano per aprire la sua pasticceria. Successivamente, per altre edizioni della Sartiglia, sono stati banditi altri concorsi dedicati ai dolci di carnevale, soprattutto per favorire l’innovazione con nuove proposte, diverse dalla classica frittura. Sorprendentemente (e nemmeno più di tanto), la zippola ha resistito alle mode e a qualsiasi genere di innovazione, continuando a essere lei e solo lei, il cibo simbolo della Sartiglia.

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