La Nuova Sardegna

Oristano

«Due distretti rurali non sono troppi»

«Due distretti rurali non sono troppi»

I comuni del Giudicato di Arborea difendono la loro scelta: «Nato per omogeneità culturale»

04 luglio 2021
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ORISTANO. «L’unità del territorio non si costruisce attraverso un unico Distretto rurale. Del resto, se al momento in provincia di Nuoro, una delle provincie maggiormente coesa in termine di progetti per lo sviluppo, abbiamo sei distretti rurali, nel Sud Sardegna ne contiamo almeno tre, in provincia di Sassari cinque e in Gallura altri tre, ci sarà pure una ragione». È uno dei passaggi del documento dei promotori del distretto rurale chiamato Giudicato di Arborea. La presa di posizione arriva all’indomani delle polemiche suscitate dalla nascita di due Distretti rurali in una provincia non certo tra le più popolose.

I presidenti delle Unioni dei Comuni, Pietro Paolo Erbì per quella dei Fenici, Giorgio Scano per il Parte Montis e Giacomo Obinu, presidente dell'Unione Bassa Valle del Tirso e del Grighine, spiegano perché non ritengono opportuno fondersi con il distretto rurale Sardegna Centro Occidentale, di cui fanno parte i quattro Gal della provincia con le quasi cinquecento imprese associate, ottantotto Comuni tra i quali Oristano, con le loro rispettive nove Unioni, le Camera di Commercio di Cagliari-Oristano e le università di Cagliari e Sassari.

Un gigante, rispetto al quale però i promotori del distretto Giudicato di Arborea, composto dai ventidue Comuni delle tre Unioni, più Marrubiu e Uras, non vogliono confluire: «La nostra idea parte dalla volontà di costruire dal basso, nuove opportunità di sviluppo a vantaggio delle nostre comunità e in particolare per i nostri giovani – scrivono i presidenti delle tre Unioni dei Comuni –. La norma regionale identifica i distretti rurali come strumenti di sviluppo autoconvocati, che si caratterizzano anzitutto per omogeneità culturale. Da qui l’idea di promuovere la nascita di un distretto con forte connotazione identitaria, identificato per l’appunto con i valori più autentici della cultura della ruralità, basato su un preciso processo partecipativo, senza ricette precostituite e su dimensioni territoriali su cui sia facile incidere».

Erbì, Scano e Obinu, precisano: «Non c’è volontà di dividere il territorio, in tutta Italia e nel resto d’Europa le politiche di distretto non si sono basate sulla costruzione di una massa critica indistinta con tutti dentro, ma hanno puntato sulla valorizzazione delle specificità delle diverse realtà». (m.c.)

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