La Nuova Sardegna

Oristano

«In cenere tanti sacrifici, ci dà forza la solidarietà»

di Piero Marongiu
«In cenere tanti sacrifici, ci dà forza la solidarietà»

I racconti da Santu Lussurgiu: allevatori al lavoro ripartono tra mille difficoltà Drammatica la situazione a Cuglieri dove sono andati in fumo 700 ettari di oliveti

15 agosto 2021
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SANTU LUSSURGIU. A distanza di venti giorni dal rogo che ha incenerito gran parte del Montiferru gli effetti cominciano a delinearsi in tutta la loro drammatica realtà. Alberi scarni e anneriti dalla fiamme, sembrano spettri disperati che non trovano pace e gridano il loro dolore alla natura orrendamente mutilata. L’odore della terra bruciata penetra nelle narici, rende l’aria quasi irrespirabile come se le fiamme fosse ancora lì. Ascoltare le storie di chi ha perso tutto o quasi nelle fiamme pare acutizzi un dolore destinato a riaffiorare ogni volta che un filo di fumo s’innalzerà verso quel cielo reso incandescente dalle fiamme.

Eccole allora le voci di chi è in prima linea e si rimette al lavoro su quei campi tanto amati. «Gli aiuti, anche grazie all’impegno dell’amministrazione comunale, stanno arrivando – dicono Tino, Giuseppe e Giomaria Scano, fratelli e allevatori lussurgesi, che nell’incendio hanno perso il foraggio e il capannone che lo conteneva –. Non possiamo fare altro che ringraziare tutti quelli che ci stanno sostenendo».

Vorrebbero aggiungere qualcosa, ma l’emozione tronca il discorso e le parole non escono. Il camion della Croce Rossa che due giorni fa ha compiuto la sua spedizione per portare aiuto alle popolazioni del Montiferru, è sul ciglio della strada. Ha un carico di rotoballe di fieno per gli animali dell’azienda. «Fortunatamente siamo riusciti a salvare il bestiame – aggiunge Tino Scano –, altrimenti oggi avremmo visto ridotto in cenere il lavoro di una vita».

Francesco, 14 anni, ascolta con attenzione e guarda il padre. «Tra poco inizierò le superiori, informatica – dice –. Con le competenze che la scuola mi darà vorrei portare avanti la nostra azienda». Ha le idee chiare e una maturità superiore alla sua età. Ha le idee chiare anche su chi brucia la Sardegna e ruba il futuro dei giovani come lui: «Vedere le fiamme e non poter far nulla per fermarle è stato traumatico. In quei momenti pensavo a mio padre, a miei zii, al loro lavoro e al tempo che avevano impiegato per realizzare l’azienda. Tanti sacrifici che hanno rischiato di finire in cenere: una tragedia che spero non si ripeta mai più».

Nel piazzale dell’ex seminario dei salesiani, gli allevatori scaricano i Tir della Croce Rossa. A ricevere il mangime, le rotoballe e le ballette di fieno, c’è un addetto del comune: «Gli aiuti sono destinati esclusivamente a chi ha subito i danni. Sono allevatori che conosciamo uno per uno. Se qualcuno pensa di speculare sugli aiuti, probabilmente, ha fatto male i suoi conti». Che i materiali arrivassero in mani sbagliate era uno dei timori manifestati fin da subito. Timori che però sono stati fugati dai fatti.

Nessuno si piange addosso, non lo fa neppure chi ha perso tutto. Come gran parte degli olivicoltori di Cuglieri. La valle degli ulivi, dalla strada di circonvallazione mostra tutta la devastazione subita. L’ottanta per cento delle piante è andata distrutta. Le prime stime dicono che 700 ettari dei circa 1.000 coltivati a olivo non è rimasto quasi nulla: oltre 70mila sono le piante incenerite. Un intero comparto è annientato e i lavoratori stagionali destinati a rimanere senza reddito. «Le risposte devono arrivare dalla politica – sottolinea un allevatore –, e devono essere concrete e immediate. Tutto questo non sarebbe accaduto se avessero pensato alla prevenzione, a fare le fasce tagliafuoco dove occorrevano. Invece regole troppo rigide impediscono perfino il taglio di un albero. E questo è il risultato».

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