La Nuova Sardegna

Oristano

Guerra dei rifiuti, l’ombra della camorra

di Enrico Carta
Guerra dei rifiuti, l’ombra della camorra

Il processo sul presunto racket: dalle intercettazioni emergerebbero legami tra l’imprenditore Firinu e bande campane

15 settembre 2021
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SANTU LUSSURGIU. Viene scomodata persino la Camorra. Alcuni degli imputati parlavano di armi, di esplosivi di attentati fatti o da fare, di danneggiamenti alle auto dei possibili concorrenti per gli appalti pubblici sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti come se stessero elencando il menù del pranzo. Per l’accusa sono prove di delitti realmente commessi. Per la difesa sono solo chiacchiere in libertà di chi voleva far credere ai suoi interlocutori di avere uno spessore criminale che in realtà sarebbe stato tale solo a parole.

Gran parte dell’esito del processo si gioca però proprio su quei dialoghi intercettati nel 2013, quando le indagini sulla guerra per accaparrarsi gli appalti dello smaltimento dei rifiuti in tantissime zone della Sardegna erano già molto avanzate. Sono passati diversi anni e quelle frasi sono ora il fulcro del processo che vede come imputato principale Giovanni Maria Firinu, 60 anni di Santu Lussurgiu, imprenditore ed ex titolare della Ecoservice, è ritenuto il pilastro di un’associazione a delinquere assieme all’ex moglie Francesca Piras, 60 anni di Ghilarza; al suo collaboratore Massimo Settefonti, 48 anni di Santu Lussurgiu; a Franca Pani, 45 anni di Macomer; a Giovanni Basilio Angioi, 50 anni, sassarese di origine e residente ad Assemini. Gli altri imputati sono Raimondo Manca, 56 anni di Seneghe, tecnico del Comune di Baratili San Pietro; Emilio Chessa, 64 anni, ex sindaco di Santu Lussurgiu; Stefano Putzolu, 54 anni, ex vice sindaco dello stesso paese; Mario Moro, 72 anni di Oniferi; Gonario Moro, 42 anni di Oniferi; Giuseppe Amato, 55 anni di Torre Annunziata; Luigi Bastri, 53 anni di Napoli.

Le contestazioni sono varie e non riguardano indistintamente tutti gli imputati: vanno dalla turbativa d’asta, al danneggiamento, alle minacce, al falso e allo smaltimento illecito di rifiuti, a cui va aggiunta l’associazione a delinquere, reato principale contestato dal pubblico ministero Alessandro Pili. Il tenente dei carabinieri Giovanni Maria Seu, che all’epoca era il comandante del Nucleo operativo dei carabinieri della Compagnia di Tonara, è stato anche nell’udienza di ieri il protagonista. Sono stati numerosi i passi delle intercettazioni rilette in aula, alcuni dei quali hanno attirato più di altri l’attenzione dei giudici e della difesa affidata agli avvocati Alessio De Gregoris, Filippo Serpau, Rosaria Manconi, Maria Claudia Pinna, Rossella Oppo, Gennaro Di Michele, Milena Patteri e Veronica Dongiovanni .

È in un dialogo con un amico che a Giovanni Maria Firinu viene detto di usare la massima prudenza: «Attento quando parli al telefono, perché ti considera vicino alla Camorra». È non solo un segnale del fatto che avessero intuito di essere intercettati, ma sarebbe anche un chiaro riferimento alle capacità criminali di Giovanni Maria Firinu. Spesso è proprio la sua la voce che si sente nei dialoghi, altre volte è un semplice interlocutore, come quando l’altro imputato, il campano Giuseppe Amato gli dice: «Se hai bisogno, stai tranquillo. Gli mando i soldati», dove quei soldati sarebbero manovalanza della Camorra che, secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbe dovuta servire per tenere a freno forze dell’ordine pronte a indagare sull’attività di Firinu, il quale non è che prenda però alla lettera la raccomandazione di evitare di parlare troppo al telefono o in auto, tanto che una volta si spinge sino a ipotizzare un salto di qualità e buttarsi nel campo della droga o della gestione della prostituzione. Non trova però sponda e l’interlocutore gli dice: «Non conviene, facciamo la fine di Mesina se ci mettiamo a trafficare droga e finisce che ci beccano».

Spuntano anche armi – detenute o solo millantate? – quando è ancora Firinu a dire di possedere una pistola e di volersi procurare una mitragliatrice con Amato che gli risponde: «Quando torno in Sardegna, ti porto io un bel giocattolo». E poi ancora parole non certo tenere verso i concorrenti contro i quali si è pronti a qualsiasi atto intimidatorio o contro qualche esponente dei carabinieri. Si torna in aula il 14 dicembre e si continuerà l’esame delle intercettazioni.

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