«Abbandonati dalla Asl, adesso basta. Pronti ad andare in tribunale»
La denuncia di un parente di un paziente affetto da una grave patologia
Terralba «Mio marito ha una grave malattia neurodegenerativa ma è stato lasciato senza assistenza sanitaria». Irene Pani è stanca di bussare a porte e uffici senza ottenere risposte. Non chiede la luna, ma un medico che possa seguire il marito, Carmelo Maimone, che ha 58 anni e al quale, sette anni fa, hanno diagnosticato una demenza frontotemporale.
«Ha bisogno di farmaci, di fisioterapia, di assistenza continua ma adesso, che siamo rimasti anche senza medico di base, la situazione si fa sempre più critica – racconta Irene – ogni volta che mi serve una prescrizione, che devo prolungare il piano terapeutico o avere i pannoloni devo andare da un medico a pagamento. Ho chiesto aiuto alla Asl ma la risposta è stata di rivolgermi all’Ascot. Il problema è che sono sola e non posso permettermi il lusso di recarmi all’ambulatorio all’alba per fare la fila e attendere per ore l’arrivo del medico. Così l’unica soluzione per me è quella di pagare per un servizio che ci spetterebbe di diritto».
Il racconto di Irene non è soltanto la denuncia di carenze della sanità pubblica ormai purtroppo, ben note, ma anche di quella umanità che avrebbe avuto necessità di incontrare, ma non ha trovato. Racconta di aver contattato di persona Antonio Pinna, direttore sanitario della Asl per esporgli i problemi e cercare una soluzione. «Gli ho spiegato che mio marito ha bisogno di un neurologo, specialista che attualmente, dobbiamo pagare. Gli ho chiesto di poter avere un medico di medicina generale, non per me ma anche soltanto per mio marito. Gli ho detto di non pretendere che fosse nel mio paese dove siamo in tanti ad esserne rimasti senza medico di base. Data la situazione, sarebbe andato benissimo anche in un altro Comune, anche a Oristano – racconta Irene – sa cosa mi ha risposto? Che mi avrebbe fatto sapere. È trascorso un mese ma dalla Asl non si è fatto sentire nessuno. Ogni volta che telefono in direzione sanitaria, mi dicono che il direttore non c’è e che sarei stata richiamata. Inutile sottolineare che quella telefonata la sto ancora aspettando».
Irene è preoccupata, ha inviato mail un po’ ovunque cercando risposte che non arrivano. «Di recente ho inviato una pec anche al Prefetto. Spero che mi convochi», dice. Racconta come la malattia abbia stravolto il menage familiare. «Mio marito era un uomo forte e sano. Lavorava nei rimorchiatori come responsabile di macchina. All’improvviso aveva cambiato carattere, non era più in grado di lavorare, ma nessun medico aveva capito quale fosse il problema. Poi, dopo anni di tormento e un ricovero, lo sottoposero ad esami e scoprirono il suo male. Ha ottenuto il prepensionamento. Ogni giorno che passa, il declino in lui si fa sempre più evidente – racconta ancora Irene – l’unica fortuna è che non ha perduto la memoria ma è diventato come un bambino. Ha bisogno di assistenza continua, di farmaci salvavita, di medici, ma ci hanno lasciati soli».
E racconta di aver cercato aiuto anche attraverso le associazioni di familiari dei malati e del volontariato. «Realtà che sono quasi tutte in Continente dove la situazione è molto diversa da qui dove gran parte dei servizi sanitari pubblici sono stati smantellati – racconta ancora Irene – all’inizio quasi non credevano alle mie parole. Poi però, mi hanno capita».
Irene è decisa a portare avanti la sua battaglia comunque : «Anche a costo di rivolgermi alla magistratura. Qui – conclude – è in gioco la vita di mio marito».