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Lavori pubblici

Piazza Manno a Oristano, la Soprintendenza si corregge: «Quello non era un pozzo»

di Enrico Carta
Piazza Manno a Oristano, la Soprintendenza si corregge: «Quello non era un pozzo»

Finita l’analisi dei resti trovati sotto la pavimentazione del cantiere: per gli accertamenti gli operai si erano fermati diversi mesi

04 agosto 2024
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Oristano Non era un pozzo come indicato in diverse comunicazioni della Soprintendenza. Forse era una fornace, forse qualcos’altro che al momento non è stato possibile codificare. Fatto sta che uno dei motivi che hanno fatto tardare di mesi il cantiere di piazza Manno non era un reperto archeologico di un’importanza tale da meritare approfondimenti accademici. Probabilmente il mistero resterà tale perché ora la Soprintendenza non tornerà con i suoi esperti sul luogo in cui per tanto tempo ha scavato. È stato l’assessore ai Lavori pubblici Simone Prevete, non certo felicissimo visto che, assieme ai tecnici, con la Soprintendenza ha ingaggiato un lungo confronto, a dare la notizia alla commissione consiliare che si è riunita nei giorni scorsi e che è rimasta alquanto sorpresa da questa novità. L’ironia si è sprecata, ma non è stato l’unico sentimento perché il cantiere di piazza Manno è ormai diventato un tormento per l’amministrazione e per l’intera città che sta tutt’ora affrontando notevoli disagi. Basta ritornare ai giorni delle proteste pesantissime dei commercianti che hanno le attività nella piazza e che stanno subendo danni notevoli per capire quanto ingombrante sia stata la presenza del cantiere per la riqualificazione. Doveva restare aperto per pochi mesi, invece è ancora incompleto e difficilmente sarà terminato prima di ottobre.

La seconda notizia è che la Soprintendenza, dopo aver rilasciato le ultime prescrizioni, ora non sarà più chiamata a operare. Ci sono state però alcune ulteriori richieste. La prima è di evidenziare, con un tipo di pavimentazione differente rispetto a quella usata nel resto della superficie, la zona in cui si trovava l’antica cinta muraria con la Porta a Mari. È una modifica rispetto al progetto originario, per cui anche qui bisognerà impiegare del tempo (non molto) per adeguarsi. Una nuova prescrizione è invece quella di non ricoprire lo spazio in cui si trova il pozzo che pozzo non era. Lì bisognerà lasciare un’aiuola in cui però non sarà possibile piantare degli alberi perché con le radici potrebbero danneggiare eventuali reperti oggi non individuati, ma che potrebbero trovarsi nei paraggi. Il fatto che non ci sarà pavimentazione in quel punto agevolerà eventuali nuove operazioni di ricerca della Soprintendenza negli anni prossimi. Il resto che manca era invece previsto, ma comunque porterà via del tempo. Ecco perché, tra ferie ferragostane e ripresa, la data della conclusione ancora non è certa. In più sarà a breve consegnata alla ditta, la zona in cui c’era la centralina con la quale si stava monitorando l’inquinamento della falda nel punto in cui si trovava il vecchio distributore di carburante. Sinora era rimasta esclusa dallo spazio occupato dal cantiere, ma è un’area molto limitata, per cui non creerà ulteriori problemi, anche se lì sotto dovesse comparire un pozzo.

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