L’Asl autorizza l’elettroshock ed è subito scontro: ecco che cos’è
Il reparto di Psichiatria del San Martino è l’unico in Sardegna a praticarlo: perché ci sono favorevoli e contrari
Oristano È all’ospedale San Martino e solo qui in Sardegna, che la terapia elettroconvulsivante (Tec), nota come elettroshock, continua a essere una realtà ospedaliera. Da anni, l’ospedale del capoluogo mantiene questo primato isolano nell’applicazione di un metodo terapeutico che, pur tra discussioni e critiche, resta un’opzione per casi psichiatrici specifici. Per confermare e rafforzare questa unicità, l’Asl ha recentemente deciso di istituire un nuovo incarico dirigenziale di «altissima professionalità» a uno specialista nella terapia elettroconvulsivante. La procedura per la selezione interna è stata avviata dopo una richiesta del direttore sanitario datata 22 aprile 2025. Questa mossa ha immediatamente sollevato ferme proteste da parte delle associazioni della salute mentale. Le organizzazioni sono insorte contro la decisione dell’Asl, ribadendo le loro critiche all’uso della Tec e contestando la scelta di consolidare, attraverso un incarico specialistico di alto profilo, una pratica che considerano superata o comunque da limitare drasticamente.
Lo scontro, dunque, si riaccende attorno all’unica struttura sarda dove l’elettroshock viene tuttora somministrato. Eppure per gli psichiatri dell’Asl di Oristano, è una terapia da tenere in considerazione. «La pratichiamo da anni, certamente solo in rarissimi casi, ad esempio, su pazienti che non rispondono alle terapie farmacologiche, ovviamente previo loro consenso o da parte del proprio tutore e si fa in sala operatoria, in anestesia generale. Purtroppo è forte il pregiudizio su una terapia che, contrariamente a quanto molti erroneamente credono, non provoca danni e che altrove, ad esempio nel Nord Europa, viene praticata con successo», dice Antonio Mignano, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria oristanese che difende la delibera: «La Asl non sta né potenziando né istituendo un servizio ex novo. Semplicemente si riconosce al collega il lavoro che svolge». Nella delibera non c’è scritto, ma si sa già che l’incarico dirigenziale di altissima professionalità sarà assegnato a Giovanni Guiso, attuale responsabile del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. «La Tec purtroppo è super demonizzata da coloro che in realtà non ne sanno nulla – dice –. La pratichiamo perché funziona: siamo medici e se fosse dannosa mai sottoporremmo un paziente a questa terapia che qui ha dato risultati eclatanti». Il dottor Guiso porta qualche dato: in tre anni sono stati dodici i pazienti sottoposti alla Tec. Di questi, due con catatonia maligna con elevato rischio di suicidio sono tornati a una vita normale. Se continuiamo, unici in Sardegna, a praticarla, è per permettere anche ai pazienti della nostra regione identici livelli di terapia e cura del resto del mondo».
Gisella Trincas, presidente dell’Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica e dell'Unasam, unione nazionale che rappresenta cinquanta associazioni impegnate in tutte le regioni italiane, ha preso una posizione netta. Chiede al commissario dell’Asl la revoca della delibera e annuncia un intervento con l’assessore regionale alla Sanità, Armando Bartolazzi: «I pazienti psichiatrici di tutto hanno bisogno tranne che di scariche elettriche, ma di adeguati servizi sanitari. L’elettroshock è un residuo manicomiale: non ha dimostrato alcuna validità scientifica e nessun miglioramento concreto sono davvero stupita che lo si voglia ancora praticare». E sul fatto, rimarcato dai medici, che nel Nord Europa invece, la Tec sia molto diffusa, risponde: «È un argomento che non funziona perché sono nazioni che hanno ancora i manicomi». Ha poi aggiunto che l’associazione da lei rappresentata sollecita da tempo un Piano regionale per la salute mentale condiviso e che «l’urgenza è potenziare i servizi territoriali con risorse umane, culturali e finanziarie. Al centro della cura devono esserci la persona, i suoi bisogni e la costruzione di rapporti di fiducia, intervenendo sui fattori sociali ed economici».