La Nuova Sardegna

Settimo, indagata la suocera-amante

Pablo Sole
Settimo, indagata la suocera-amante

La casalinga sassarese sospettata per la morte del marito

30 maggio 2009
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SETTIMO SAN PIETRO. Proseguono le indagini dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Quartu Sant’Elena sulla morte del pensionato 78enne Giovanni Bruno, padre di Elisabetta, la donna uccisa a picconate dal marito che la tradiva con la matrigna. I militari, coordinati dal maggiore Alfredo Saviano, hanno dato inizio ad una serie di interrogatori. Interrogatori che ieri mattina hanno portato nella caserma quartese di via Milano le due figlie di Giovanni Bruno e Rosalba Canu, la donna sassarese amante dell’uxoricida Piero Cambedda. «Dove eravate - hanno chiesto gli inquirenti alle due donne - la notte del 16 maggio, quando Giovanni Bruno è morto per arresto cardiaco? E cosa avete fatto i giorni precedenti e successivi al decesso?».

Al momento non ci sono accuse precise ma i militari, su disposizione del magistrato Maria Virginia Boi, nei prossimi giorni vaglieranno la posizione di altre persone e non si esclude che l’inchiesta possa allargarsi anche ad estranei al nucleo familiare. Dalle prime indiscrezioni trapelate nel tardo pomeriggio di ieri sembra che gli interrogatori non abbiano fornito elementi per così dire decisivi. Le due donne vivono a Settimo con le rispettive famiglie. Niente di particolare nei loro racconti, se non il resoconto di una giornata trascorsa a organizzare il funerale del padre. Nei prossimi giorni sarà sentita anche la moglie di Bruno, Rosalba Canu, amante di Piero Cambedda già iscritta nel registro degli indagati per favoreggiamento e, da ieri, formalmente indagata per la morte del marito.

Per il momento, la donna di Settimo ha preferito rimanere barricata tra le quattro mura dell’abitazione dove viveva con Giovanni Bruno. In ogni caso, se è vero che i carabinieri si dicono quasi sicuri sul fatto che la Canu fosse a conoscenza dell’uccisione di Elisabetta Bruno fin dalle ore immediatamente successive all’omicidio, appare meno fondata l’ipotesi di un suo ruolo - o comunque di altre persone - nella morte del marito. Che peraltro soffriva di cuore da diversi anni, come avevano già ampiamente sottolineato i carabinieri durante la conferenza stampa tenuta mercoledì scorso all’indomani del ritrovamento del cadavere di Elisabetta Bruno. In sostanza, la causa più probabile della morte dell’ultrasettantenne rimane al momento quella naturale. Per fugare ogni dubbio però, gli inquirenti attendono ora i risultati dei test che saranno eseguiti sul cadavere di Giovanni Bruno: il corpo del pensionato è stato riesumato giovedì mattina e nel pomeriggio è stato fatto l’esame autoptico. Le risultanze degli esami ordinati dalla magistratura per verificare la presenza di sostanze tossiche e accreditare così la tesi di un possibile omicidio, sono previste tra circa un mese.

Anche se i test dovessero smentire l’eventuale assassinio, il caso Cambedda sarà ricordato come uno dei più efferati e agghiaccianti delitti avvenuti in zona. E non solo per le tre picconate fatali che il falegname in pensione ha inferto alla moglie, ma anche per la sceneggiata messa in piedi dall’uxoricida: il 20 aprile scorso ha ucciso Elisabetta Bruno, l’ha sepolta in una fossa, e poi il giorno dopo è andato a denunciarne la scomparsa e per oltre un mese ha recitato la parte del marito inconsolabile.
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