Lina Wertmüller torna sui luoghi di Travolti da un insolito destino
Paolo Merlini
◗
Lina Wertmüller«Lo ammetto. Aggio sbagliato. I've made a mistake. Le ripeto ciò che ho detto negli Stati Uniti ai giornalisti che mi chiedevano sbigottiti perché avessi ceduto a Madonna i diritti del mio film, visto l'esito, quasi dispiacesse più a loro che a me. Forse anche perché mi sono sempre rifiutata di vederlo, quel remake. Non so se reggerei
4 MINUTI DI LETTURA
Trentasette anni dopo, Lina Wertmüller torna sul luogo del delitto, a Dorgali, vicino alle cale del Golfo di Orosei dove girò gran parte del film che più di ogni altro, nella sua lunga carriera, le diede notorietà internazionale: «Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto». In questa intervista racconta come scoprì lo straordinario set naturale di quel film memorabile, e parla del clone mal riuscito diretto da Guy Ritchie, con la moglie Madonna protagonista, girato proprio negli stessi luoghi.
È più tornata dopo il 1974?
«No, è tanto che non vado da quelle parti, ma il mio amore per la Sardegna è sempre molto forte. Ci vengo ogni anno per una settimana ospite della mia amica Mariuccia Mandelli, a Porto Rotondo».
Lei girò «Travolti...» in luoghi straordinari come Cala Luna o Fuili nella costa dorgalese, le dune di Capo Comino nella siniscolese, allora poco noti. Come le venne l'idea?
«Devo la mia conoscenza della Sardegna a un amico straordinario, l'avvocato cagliaritano Renzo Persico, con il quale tempo prima, assieme a mio marito, facemmo un indimenticabile giro della Sardegna, dalle coste all'interno, dalla Giara alle miniere del Sulcis. Fu un'autentica scoperta, un'avventura in luoghi appena sfiorati dal turismo, e comunque lontani dalla costa nord orientale che cominciava a popolarsi di vacanzieri. Ma in realtà ero già venuta in Sardegna tempo prima, negli anni Cinquanta, per lavoro, al seguito del regista Nino Meloni che doveva realizzare uno spettacolo dedicato a Sant'Efisio. Ero assistente alla regia, lo spettacolo era legato alla festa che si celebra a Cagliari. Ricordo che assistetti a quell'incredibile processione di costumi, di un fasto e di una bellezza inaspettata».
Che ricordi ha delle riprese di «Travolti...»?
«Ricordi bellissimi e straordinari. Ci successero molte avventure. Per dirne una, un incidente a Mariangela Melato a metà della riprese creò non pochi problemi. Ci alzavamo alla tre di notte per raggiungere i set, e un giorno Mariangela scendendo dal letto mise un piede sui cocci di una bottiglia d'acqua, provocandosi una brutta ferita. I medici dell'ospedale di Nuoro, che la operarono, dissero che avrebbe potuto camminare solo dopo molte settimane. Insomma, il film era a un bivio, ma decisi che dovevamo continuare. Fu così che utilizzammo controfigure, con la Melato sul set ma solo per i primi piani. Ma poi le controfigure si "rompevano" anche loro, visti i luoghi selvaggi in cui giravamo, e bisognava sostituirle di volta in volta. Ricordo che ne prendemmo sei, erano tutte bellissime ragazze sarde».
Che rapporti ebbe con la popolazione di Dorgali?
«Io non faccio testo, ho una passione per i sardi e per la Sardegna... L'unica cosa che mi sento di dire è che vivendo in un'isola così straordinaria bisogna difenderla. È un delitto non rispettare la natura, continuare a versarvi cemento. Dico sempre che è come se un principe che ha una figlia di straordinaria bellezza la mettesse a battere sotto i ponti. Invece dovrebbe farne una regina».
Il film ebbe grande successo, anche internazionale, e contribuì a far conoscere questi luoghi a tante persone, sardi compresi...
«Spero non troppi... Sì, è stato il mio film con più notorietà nel mondo. A Tokio ho incontrato un tassista che mi ripeteva le battute! Ma ho scritto un bellissimo seguito di "Travolti", trovi un produttore e lo faccio subito».
Non trova un produttore disposto a finanziare il seguito di «Travolti...»? E come prosegue la storia?
«Non sa quanto sia duro il mestiere di regista. Comunque, i due protagonisti si ritrovano, nella stessa isola, ciascuno con un figlio avuto per conto suo... Ma che faccio, glielo racconto!? Prima troviamo un produttore».
Parliamo del remake di Madonna. È stato un grande flop.
«Non l'ho voluto vedere, ho pensato fosse una gran fregnaccia. Ma devo ammettere che la colpa è stata anche mia. Diciamo la verità, la signora si chiama Ciccone, nasce non si sa dove, non è bella, non ha una gran voce e diventa Madonna, un star. Insomma, è un genio del marketing. Mi dicevano che suo marito fosse bravo a dirigere film d'azione e così, incuriositi, abbiamo venduto i diritti. Il copione era mio, come per tutti i miei film, solo che loro ci hanno pasticciato sopra. Mi sono rifiutata di vederlo quando ho capito cosa avevano fatto. Sono stati proprio cretini, hanno cercato di fare un remake che somigliasse in tutto al mio film, girando persino negli stessi posti. Alessandro Giannini è un bravo attore, ma non è il padre Giancarlo, anche se è truccato per somigliargli».
Dove nasce il suo grande umorismo, questo modo di affrontare anche le cose più tragiche con ironia?
«L'umorismo è un grande compagno di strada, con il quale tutto è migliore se si cammina a braccetto».
È più tornata dopo il 1974?
«No, è tanto che non vado da quelle parti, ma il mio amore per la Sardegna è sempre molto forte. Ci vengo ogni anno per una settimana ospite della mia amica Mariuccia Mandelli, a Porto Rotondo».
Lei girò «Travolti...» in luoghi straordinari come Cala Luna o Fuili nella costa dorgalese, le dune di Capo Comino nella siniscolese, allora poco noti. Come le venne l'idea?
«Devo la mia conoscenza della Sardegna a un amico straordinario, l'avvocato cagliaritano Renzo Persico, con il quale tempo prima, assieme a mio marito, facemmo un indimenticabile giro della Sardegna, dalle coste all'interno, dalla Giara alle miniere del Sulcis. Fu un'autentica scoperta, un'avventura in luoghi appena sfiorati dal turismo, e comunque lontani dalla costa nord orientale che cominciava a popolarsi di vacanzieri. Ma in realtà ero già venuta in Sardegna tempo prima, negli anni Cinquanta, per lavoro, al seguito del regista Nino Meloni che doveva realizzare uno spettacolo dedicato a Sant'Efisio. Ero assistente alla regia, lo spettacolo era legato alla festa che si celebra a Cagliari. Ricordo che assistetti a quell'incredibile processione di costumi, di un fasto e di una bellezza inaspettata».
Che ricordi ha delle riprese di «Travolti...»?
«Ricordi bellissimi e straordinari. Ci successero molte avventure. Per dirne una, un incidente a Mariangela Melato a metà della riprese creò non pochi problemi. Ci alzavamo alla tre di notte per raggiungere i set, e un giorno Mariangela scendendo dal letto mise un piede sui cocci di una bottiglia d'acqua, provocandosi una brutta ferita. I medici dell'ospedale di Nuoro, che la operarono, dissero che avrebbe potuto camminare solo dopo molte settimane. Insomma, il film era a un bivio, ma decisi che dovevamo continuare. Fu così che utilizzammo controfigure, con la Melato sul set ma solo per i primi piani. Ma poi le controfigure si "rompevano" anche loro, visti i luoghi selvaggi in cui giravamo, e bisognava sostituirle di volta in volta. Ricordo che ne prendemmo sei, erano tutte bellissime ragazze sarde».
Che rapporti ebbe con la popolazione di Dorgali?
«Io non faccio testo, ho una passione per i sardi e per la Sardegna... L'unica cosa che mi sento di dire è che vivendo in un'isola così straordinaria bisogna difenderla. È un delitto non rispettare la natura, continuare a versarvi cemento. Dico sempre che è come se un principe che ha una figlia di straordinaria bellezza la mettesse a battere sotto i ponti. Invece dovrebbe farne una regina».
Il film ebbe grande successo, anche internazionale, e contribuì a far conoscere questi luoghi a tante persone, sardi compresi...
«Spero non troppi... Sì, è stato il mio film con più notorietà nel mondo. A Tokio ho incontrato un tassista che mi ripeteva le battute! Ma ho scritto un bellissimo seguito di "Travolti", trovi un produttore e lo faccio subito».
Non trova un produttore disposto a finanziare il seguito di «Travolti...»? E come prosegue la storia?
«Non sa quanto sia duro il mestiere di regista. Comunque, i due protagonisti si ritrovano, nella stessa isola, ciascuno con un figlio avuto per conto suo... Ma che faccio, glielo racconto!? Prima troviamo un produttore».
Parliamo del remake di Madonna. È stato un grande flop.
«Non l'ho voluto vedere, ho pensato fosse una gran fregnaccia. Ma devo ammettere che la colpa è stata anche mia. Diciamo la verità, la signora si chiama Ciccone, nasce non si sa dove, non è bella, non ha una gran voce e diventa Madonna, un star. Insomma, è un genio del marketing. Mi dicevano che suo marito fosse bravo a dirigere film d'azione e così, incuriositi, abbiamo venduto i diritti. Il copione era mio, come per tutti i miei film, solo che loro ci hanno pasticciato sopra. Mi sono rifiutata di vederlo quando ho capito cosa avevano fatto. Sono stati proprio cretini, hanno cercato di fare un remake che somigliasse in tutto al mio film, girando persino negli stessi posti. Alessandro Giannini è un bravo attore, ma non è il padre Giancarlo, anche se è truccato per somigliargli».
Dove nasce il suo grande umorismo, questo modo di affrontare anche le cose più tragiche con ironia?
«L'umorismo è un grande compagno di strada, con il quale tutto è migliore se si cammina a braccetto».