La Nuova Sardegna

Liberato su cauzione l'artista cinese Ai Weiwei

L’arresto di Ai Weiwei aveva destato proteste in tutto il mondo
L’arresto di Ai Weiwei aveva destato proteste in tutto il mondo

Ostile al regime, era stato incarcerato due mesi fa per frode fiscale

22 giugno 2011
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 PECHINO. Ai Weiwei torna in libertà. L'artista e architetto cinese, autore del celebre stadio nazionale di Pechino conosciuto anche come «Nido d'Uccello», è stato rilasciato ieri su cauzione dopo circa due mesi di detenzione. La notizia è arrivata dall'agenzia stampa Xinhua, secondo cui la polizia avrebbe rilasciato l'artista per buona condotta e per aver confessato il crimine. Ai Weiwei, imprigionato per frode fiscale, si è detto pronto a pagare le tasse che avrebbe evaso con la Beijing Fake Cultural Development Ltd.  «Non è ancora tornato a casa. Siamo ancora all'oscuro di tutto» ha detto la sorella dell'artista Gao Ge che dichiara di non aver ricevuto alcuna telefonata dalla polizia. Ai, 53 anni, artista e dissidente cinese, noto al grande pubblico soprattutto per aver collaborato nel 2008 all'ideazione del design dello stadio olimpico di Pechino, era stato arrestato senza alcuna motivazione il 3 aprile mentre si trovava all'aeroporto della capitale cinese. Per i quattro giorni seguenti Pechino mantenne il silenzio sull'episodio, mentre l'intera comunità internazionale lanciava diversi appelli alle autorità cinesi per il rilascio dell'artista accusando la Cina di voler mettere il bavaglio alle voci critiche del governo. Il 7 aprile poi Pechino ruppe il silenzio: l'artista «è indagato per reati economici» fece sapere la portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei precisando che «il suo arresto non ha nulla a che vedere con la questione dei diritti umani o della libertà di espressione». Negli scorsi mesi sono state rilasciate poche notizie sull'arresto dell'artista, sulle sue condizioni di salute e sul luogo di detenzione. «Ai Weiwei sta bene, non ha subito torture» aveva riferito una fonte vicina all'artista quando rese noto che la polizia aveva consentito ad Ai di incontrare sua moglie. Ai coniugi fu però vietato parlare sia della detenzione sia del motivo dell'arresto di cui Lu Qing continua dunque ad essere all'oscuro.  L'arresto aveva sollevato un coro di critiche da parte della comunità internazionale per cui l'accusa di reato economico avrebbe rappresentato solo un pretesto utilizzato dal governo, laddove Ai incarna una delle numerose vittime cadute nella tela della repressione del dissenso. Un giro di vite diventato più serrato negli ultimi mesi a seguito delle «proteste dei gelsomini» pro-democrazia, organizzate a fine febbraio a Pechino e a Shanghai sulla falsariga di quelle magrebine. Da allora il governo centrale ha ordinato l'arresto, il fermo o la deportazione nei campi di rieducazione di dissidenti, attivisti, intellettuali e artisti incolpati di «sovversione ai danni dello stato». Ma, in realtà, analizzati caso per caso, gli arrestati sembrano essere accomunati solo dallo stesso sguardo critico con cui osservano l'operato del governo cinese.
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