«Volonté, una stella polare»
Alessandro Stellino
La Maddalena, parla Lo Cascio che ha ricevuto il premio intitolato all'attore milanese
31 luglio 2011
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LA MADDALENA. Ieri è stato il giorno di Luigi Lo Cascio a La Valigia dell'Attore: il protagonista di «I cento passi» ha infatti ricevuto il premio Gian Maria Volonté 2011, tornato a La Maddalena dopo anni di "esilio". Visibilmente emozionato, ha dichiarato che ci sono attori talmente grandi da non poter essere maestri, soltanto esempi: «Volonté, come Carmelo Bene, è un miraggio irraggiungibile ma in quanto tale è lecito considerarlo una stella polare. Si tratta di personaggi esterni a qualunque catalogazione e, tolto l'equivoco legato al tentare di ripetere esperienze irripetibili, si tratta comunque di professionisti che indicano con chiarezza una possibilità ulteriore all'interno del nostro mestiere».
Atleta in gioventù, appassionatosi al cinema con anni di ritardo rispetto all'amore per il teatro («so che in molti mi considerano il Dustin Hoffman italiano ma i suoi film li ho visti solo quando avevo 35 anni!»), Lo Cascio nutre profonda ammirazione per un'intera generazione di attori teatrali resi celebri dall'epoca d'oro degli sceneggiati televisivi: «a teatro ho visto gli ultimi spettacoli di Salvo Randone e Paolo Stoppa, ma anche Tino Carraro e Gianni Santucci, Buazzelli e Adolfo Celi, che hanno rivestito un ruolo fondamentale verso una fascinazione nei confronti della voce che nutro tuttora. Il lavoro d'attore per me è molto legato a un certo modo di organizzare il materiale verbale della battuta, considero l'intonazione come qualcosa di prettamente musicale».
Ma se deve scegliere un mentore o un'influenza rilevante cita Petrolini: «Sembrerà strano ma la mia formazione è stata quasi da comico e grazie a lui, negli anni dell'Accademia, ho compiuto i primi passi per spostarmi dal mio modo di essere verso una nuova rappresentazione di me stesso. Dopo, ho avuto tante fascinazioni ma tutte prive dell'invasività propria dell'innamoramento per un grande attore». Al fianco di allievi del calibro di Alessio Boni, Pierfrancesco Favino e Alessio Boni, l'attore ha sottolineato anche l'importanza rivestita da Orazio Costa: «lui sì, un vero maestro, importantissimo nell'instillare in tutti noi la capacità di immersione e la spinta all'indagine del personaggio».
In procinto di riprendere lo spettacolo teatrale tratto da «Diceria dell'untore» di Gesualdo Bufalino, per la regia di Vincenzo Pirrotta, Lo Cascio ha appena girato «Il sogno del maratoneta», fiction televisiva in due puntate dedicata alla figura di Dorando Petri, campione dell'atletica dei primi del'900. Consapevole della fortuna legata al film che l'ha reso immediatamente celebre, appunto «I cento passi», Lo Cascio ha tuttavia improntato la propria carriera all'insegna dell'eclettismo e della ricerca, sempre pronto a nuove sfide e a offrire il proprio contributo a talenti emergenti: «C'è un disagio evidente e percepibile che coinvolge la nostra professione a tutti i livelli, dove i più penalizzati sono gli esordienti o coloro che hanno idee più coraggiose ma che non sembrano affidabili dal punto di vista produttivo. In questo modo si dà vita a un paradosso che spinge ad aiutare le persone che non ne hanno bisogno a scapito degli altri e ciò rappresenta un grave danno nei confronti dei momenti pionieristici che fanno muovere in avanti tutte le arti».
Parole di impegno sono giunte anche dalla voce di Mario Monicelli, ricordato all'interno del documentario di Roberto Salinas e Marina Catucci «Una storia da ridere» e da Paolo Rossi, protagonista dell'instant-movie «RCL - Ridotte capacità lavorative» («piuttosto che fare uno spettacolo sui precari preferisco allestire un seminario con loro»). Oggi ultima giornata della manifestazione con la consegna del Premio Franco Solinas e lo spettacolo di Ascanio Celestini «La fila indiana».
Atleta in gioventù, appassionatosi al cinema con anni di ritardo rispetto all'amore per il teatro («so che in molti mi considerano il Dustin Hoffman italiano ma i suoi film li ho visti solo quando avevo 35 anni!»), Lo Cascio nutre profonda ammirazione per un'intera generazione di attori teatrali resi celebri dall'epoca d'oro degli sceneggiati televisivi: «a teatro ho visto gli ultimi spettacoli di Salvo Randone e Paolo Stoppa, ma anche Tino Carraro e Gianni Santucci, Buazzelli e Adolfo Celi, che hanno rivestito un ruolo fondamentale verso una fascinazione nei confronti della voce che nutro tuttora. Il lavoro d'attore per me è molto legato a un certo modo di organizzare il materiale verbale della battuta, considero l'intonazione come qualcosa di prettamente musicale».
Ma se deve scegliere un mentore o un'influenza rilevante cita Petrolini: «Sembrerà strano ma la mia formazione è stata quasi da comico e grazie a lui, negli anni dell'Accademia, ho compiuto i primi passi per spostarmi dal mio modo di essere verso una nuova rappresentazione di me stesso. Dopo, ho avuto tante fascinazioni ma tutte prive dell'invasività propria dell'innamoramento per un grande attore». Al fianco di allievi del calibro di Alessio Boni, Pierfrancesco Favino e Alessio Boni, l'attore ha sottolineato anche l'importanza rivestita da Orazio Costa: «lui sì, un vero maestro, importantissimo nell'instillare in tutti noi la capacità di immersione e la spinta all'indagine del personaggio».
In procinto di riprendere lo spettacolo teatrale tratto da «Diceria dell'untore» di Gesualdo Bufalino, per la regia di Vincenzo Pirrotta, Lo Cascio ha appena girato «Il sogno del maratoneta», fiction televisiva in due puntate dedicata alla figura di Dorando Petri, campione dell'atletica dei primi del'900. Consapevole della fortuna legata al film che l'ha reso immediatamente celebre, appunto «I cento passi», Lo Cascio ha tuttavia improntato la propria carriera all'insegna dell'eclettismo e della ricerca, sempre pronto a nuove sfide e a offrire il proprio contributo a talenti emergenti: «C'è un disagio evidente e percepibile che coinvolge la nostra professione a tutti i livelli, dove i più penalizzati sono gli esordienti o coloro che hanno idee più coraggiose ma che non sembrano affidabili dal punto di vista produttivo. In questo modo si dà vita a un paradosso che spinge ad aiutare le persone che non ne hanno bisogno a scapito degli altri e ciò rappresenta un grave danno nei confronti dei momenti pionieristici che fanno muovere in avanti tutte le arti».
Parole di impegno sono giunte anche dalla voce di Mario Monicelli, ricordato all'interno del documentario di Roberto Salinas e Marina Catucci «Una storia da ridere» e da Paolo Rossi, protagonista dell'instant-movie «RCL - Ridotte capacità lavorative» («piuttosto che fare uno spettacolo sui precari preferisco allestire un seminario con loro»). Oggi ultima giornata della manifestazione con la consegna del Premio Franco Solinas e lo spettacolo di Ascanio Celestini «La fila indiana».