La Nuova Sardegna

«L'amante del prete». Il giallo d'inizio '900 che sconvolse l'isola

Salvatore Tola
L’immagine di copertina del libro «L’amante del prete», terzo volume della collana «Delitti Passionali 2»
L’immagine di copertina del libro «L’amante del prete», terzo volume della collana «Delitti Passionali 2»

Delitti passionali, in edicola con il giornale il terzo volume

04 febbraio 2012
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La drammatica morte della bambina Vanda Serra fu conosciuta in Sardegna, più che attraverso i normali mezzi di informazione, grazie ai poeti popolari che dedicarono all'avvenimento alcune «cantones»: correva il 1925, ed era ancora in piena funzione quella sorta di editoria minore che diffondeva i suoi «prodotti», fogli volanti e rustici quadernetti, attraverso i venditori ambulanti che frequentavano fiere e mercati. Uno di questi poeti, Costantino Cadoni, conosceva bene la vicenda perché viveva nel paese dell'Alto Oristanese, Aidomaggiore, dove era accaduta. Ma più che di raccontare i fatti si preoccupava di esprimere condanna contro il parroco don Spanu e Peppa Rosa Ziulu, la sua amante, colpevoli di aver sequestrato e ucciso l'innocentissima Vanda.

La maggior colpevole era per lui la donna, che aveva adescato il sacerdote: «Si tue a postu tou fis istada / non fit suzzessa custa disaura», "Se fossi stata al tuo posto questa disgrazia non sarebbe accaduta"; ma poi se la prende ironicamente anche con l'indegno uomo di chiesa: «Cando fisti a mie cunfessende / naraias chi tottu fit peccadu», "Quando mi confessavi mi dicevi che tutto era peccato".

Di questi testi poetici si è dovuto servire anche Antonio Delitala, per scrivere «L'amante del prete», il terzo dei romanzi della collana della Nuova «Delitti passionali 2», che sarà in distribuzione da oggi col giornale.

Questo perché, forse per disposizione delle autorità fasciste, che non amavano far conoscere gli eventi negativi, del delitto non parlarono i giornali, né si trovano gli atti dei processi che fecero seguito. Lo scrittore ha dovuto rimediare interrogando alcuni abitanti del paese, dove la memoria dei fatti è ancora viva; e ha provveduto poi, con le doti di intuizione e comprensione che gli erano proprie, a completare il quadro narrativo.

La vicenda che esce dalla sua penna è avvincente perché è incentrata su una duplice vicenda passionale. Da un lato viene fatta luce sulla tresca tra il prete e la beghina, due «balordi», si direbbe oggi, che fecero prigioniera la piccola Vanda per chiedere un riscatto al padre: per poter poì fuggire in America, dove pensavano di celebrare un matrimonio che era impensabile in Italia. Ma senza rendersi conto che sarebbero stati scoperti con grande facilità, come poi in realtà avvenne; e forse anche senza neppure calcolare che, per non essere riconosciuti dalla loro vittima, avrebbero dovuto comunque sopprimerla.

Più struggente l'altra storia che stava, per così dire, alle spalle di Vanda. Suo padre, il ricco del paese, aveva commesso l'imprudenza di sposare, quando aveva ormai sessant'anni, l'avvenente Amalia Porrà, appena ventenne, che era arrivata al paese, da Cagliari, per lavorare come maestra. Delitala si diffonde a raccontare come era riuscito nell'intento, facendo sfoggio dei suoi beni e del suo denaro.

Dopo il matrimonio era arrivata subito Vanda, la prima figlia; ma poi la donna si era invaghita di Peppe Camboni, il giovane ed elegante studente che il marito aveva chiamato a dirigere un caseificio. Il matrimonio era andato a rotoli e il ricco possidente si era convinto che i due bambini che erano venuti dopo, Giovanni e Maria, non fossero figli suoi. Per questo li aveva cacciati insieme alla moglie, ed era rimasto solo, nella sua grande casa, tenendo con sé solo Vanda: circondata di ogni attenzione, come si può immaginare, ma già priva, ancora così piccola, dell'affetto della madre.
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