La Nuova Sardegna

Lacrime e fiori sul relitto della “Roma”

di Gianni Bazzoni
Lacrime e fiori sul relitto della “Roma”

La tragedia della corazzata con 1400 uomini a bordo ricordata per la prima volta nel punto esatto in cui affondò

11 settembre 2012
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Una corona benedetta, decine di mazzi di fiori colorati, quasi a voler sottolineare che – pure nel ricordo di una grande tragedia – si può trovare un momento per la cerimonia che commuove l’Italia. La fregata “Carlo Bergamini”, bella e silenziosa, arriva con rispetto nel punto dove il 17 giugno – dopo anni di ricerche – l’ingegner Guido Gay (medaglia d’argento al valore della Marina) ha localizzato con certezza il relitto della corazzata Roma. «Sono due tronconi – racconta con un filo di voce – a 400 metri di distanza uno dall’altro. Ne manca un terzo, non visibile, ma che riteniamo sia una decina di metri sotto il fango, dove abbiamo rilevato una collina che corrisponde anche come dimensioni». La “Roma” giace su un fondale di quasi 1200 metri, alla fine del canalone del Canyon di Castelsardo, che è largo 500 metri. «Dall’altra parte c’era un contatto ma si è rivelato roccia».

Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola è un ammiraglio, la Marina ce l’ha nel sangue. Attacca il discorso senza troppi giri di parole: «Sono cinquant’anni che aspettavo questo momento. Ero un allievo del “Morosini” – dice – e già coltivavo il mito della corazzata Roma. Un mito romantico, patriottico che resiste dopo 69 anni e che non perde neanche oggi il suo alone di mistero». Aspettava il momento il ministro-ammiraglio, perché sperava che prima o poi qualcuno riuscisse a lanciare una corona di fiori nel luogo esatto dove la “Roma” si è inabissata, colpita dalle bombe degli aerei tedeschi il 9 settembre del 1943. «Nonostante la mia fantasia di adolescente – afferma Di Paola – mai avrei potuto immaginare che quel gesto l’avrei potuto fare io, marinaio per scelte e per vocazione, oggi ministro della Difesa». Poi, rivolto a Pierpaolo Bergamini, aggiunge: «Comandante, non c’è bisogno che glielo dica: sono cresciuto – siamo tutti stati educati – nel mito di suo padre, delle sue gesta». La corona lanciata dai marinai rimane nella scia della nave “Bergamini”, galleggia nella schiuma bianca, sembra quasi non voler restare lì. Sparano i fucilieri dal ponte più alto. Nel Golfo dell’Asinara c’è un nuovo sacrario militare, in fondo al mare dove la corazza di ferro della “Roma” custodisce i corpi di quasi 1400 uomini di equipaggio. Ci sono l’ex ministro della Difesa Arturo Parisi, il parlamentare Gian Piero Scanu, il comandante della squadra navale, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, poi sindaci e amministratori, il prefetto Salvatore Mulas, le massime autorità militari, familiari delle vittime, rappresentanti dell’associazione Marinai d’Italia. E l’ammiraglio Pietro Gadeddu, a nome di tutti dice: «L’ultimo punto preso dagli uomini della corazzata Roma è il faro di Punta Scorno, spero possa diventare il faro Marinai d’Italia e non essere svenduto come pezzo commerciale». «Con forza e fedeltà» sta scritto in alto. Il ministro Di Paola parla di Carlo Bergamini: «Non ebbe paura di andare controcorrente. Molti sbandarono, in quelle drammatiche e confuse giornate di 69 anni fa, egli seppe mantenere salda la barra al centro. Tutti i marinai, seguendo il suo esempio, rimasero al loro posto. Tentò di portare in salvo la “ Roma” e l’intera squadra navale. Prese il mare e puntò sulla Sardegna, E qui, proprio qui, venne raggiunto e il mare si riprese le vite di uomini che al mare avevano dedicato la propria ragione d’essere».

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