La Nuova Sardegna

Allevare lumache, un affare da 12 milioni

di Stefano Ambu
Allevare lumache, un affare da 12 milioni

È il fatturato complessivo nel 2012 delle trecento aziende isolane I sardi grandi consumatori, ma gran parte del prodotto arriva ancora dall’Africa

22 dicembre 2013
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CAGLIARI. La lumaca anti-crisi: in Sardegna il consumo in tavola è otto volte superiore a quello medio nazionale. Nell'isola le statistiche del 2011, le più recenti disponibili, parlano di 43mila 500 quintali di prodotto con un incremento del 4 per cento sui numeri dell'anno precedente.

Ma l'ottantacinque-novanta per cento del prodotto in vendita arriva non dalle campagne di Arbus o di Ossi, ma dalla Tunisia e dell'Algeria.

Le conclusioni sono semplici e quasi inevitabili: se il mercato interno con un record italiano di consumatori chiede più lumache, allora c'è spazio per provarci con l'elicicoltura.

Anche perché c'è in ballo una scommessa: se è vero che i bambini quando vedono le lumache sul piatto spesso vorrebbero scappare, le mamme stanno iniziando a provare simpatia per i molluschi. Sì, perché la bava – questo è stato appurato da una ventina d'anni- può essere utilizzata per le dermocosmesi.

La leggenda – ma forse è anche storia – dice la scoperta fu fatta da un elicicoltore cileno: si accorse che le sue operaie che raccoglievano le lumache avevano la pelle delle mani molto idratata. E che le ferite sì rimarginavano in fretta e senza infezioni.

Ora anche qui due calcoli si possono fare: se gli allevamenti, insieme alle lumache, potessero piazzare anche “bava” gli affari andrebbero senz'altro meglio.

Sono alcuni segnali e spunti arrivati da un convegno promosso qualche settimana fa dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, in cui sono stati affrontati aspetti tecnici, sanitari e giuridicicon la partecipazione del direttore dell'Istituto internazionale di elicicoltura Giovanni Avagnina e di numerosi allevatori sardi.

Tracciare la mappa del pianeta lumache in Sardegna è più difficile che andarle a cercare tra i cespugli dopo una giornata di pioggia.

Non sono molti quelli che si dedicano a tempo pieno agli allevamenti. Ma ci sono anche i raccoglitori e gli allevatori “occasionali”. Si parla comunque di circa cinquanta aziende vere e proprie alle quali vanno aggiunte circa duecentocinquanta microattività.

«Per un fatturato complessivo – ha detto Avagnina – che nel 2012 è arrivato a 12 milioni di euro». Un mercato in crescita, più 2,5 per cento a livello nazionale. Con la Sardegna che, visto il gradimento, può dare ancora maggiori soddisfazioni.

«Qui – ha spiegato il direttore dell’Istituto nazionale di elicicoltura – le lumache si trovano in tutti i centri della grande distribuzione: un fenomeno assolutamente inconsueto rispetto a quello che accade nel resto d'Italia».

Sì però, bisogna fare sul serio: le lumache non sono un hobby. Bisogna dare da mangiare le cose giuste, cambiare la vegetazione ogni sei mesi. Altrimenti l'investimento rischia di andare in malora nel giro di pochi anni.

La capitale della lumaca in Sardegna è Gesico: la sagra – spiega il presidente della locale Pro loco Carlo Carta – è la più importante a livello europeo.

Una rassegna che vanta numeri da primato: una tonnellata e mezzo di lumache esposte e consumate nel giro di vent'anni.

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