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il giudizio della cassazione

Il fallimento di Arbatax 2000: la prescrizione salva Grauso

ROMA
Il fallimento di Arbatax 2000: la prescrizione salva Grauso

ROMA. L’ex editore Nichi Grauso è pienamente responsabile del crac con bancarotta della cartiera di Arbatax, ma la prescrizione dichiarata dalla Corte di Cassazione lo ha salvato dalla condanna a...

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ROMA. L’ex editore Nichi Grauso è pienamente responsabile del crac con bancarotta della cartiera di Arbatax, ma la prescrizione dichiarata dalla Corte di Cassazione lo ha salvato dalla condanna a sette anni e otto mesi di carcere che gli era stata inflitta il 23 settembre 2011 dalla Corte d’Appello di Cagliari. La sentenza dei giudici supremi è arrivata nella notte di mercoledì e ha rispecchiato le richieste del pg Elisabetta Cesqui, che ha confermato l’impianto accusatorio e l’esito del secondo giudizio ma ha dovuto sollecitare la prescrizione perché i ricorsi sono stati ritenuti ammissibili. Cancellati sempre per prescrizione alcuni capi d’imputazione, i giudici hanno ridotto di tre anni la pena da scontare per Antonangelo Liori - attualmente in carcere per altre vicende- che fino al 1997 condivideva con Grauso la responsabilità amministrativa di Arbatax 2000: cinque anni e mezzo è quanto resta dopo il taglio imposto dalla legge. Riconosciuta la colpevolezza degli imputati rimangono però le statuizioni civili. Come dire che Grauso, Liori ed altri dovranno risarcire i creditori della società destinata nelle intenzioni dell’imprenditore cagliaritano e dell’allora direttore dell’Unione Sarda a rilanciare la cartiera. In attesa che il giudice civile stabilisca l’ammontare finale del risarcimento, Grauso sarà chiamato a pagare alle parti civili rappresentate dall’avvocato Luca Pirastu una provvisionale definitiva di 225 mila euro e Liori di 165 mila, in parte in solido con altri imputati.

La vicenda risale agli anni Novanta, quando la società editrice aveva deciso di rilanciare la produzione di carta della fabbrica Arbatax 2000, un tentativo ambizioso fallito nel giro di pochi anni. Enormi erano state le perdite: almeno 24 miliardi di lire accertati dal giudice fallimentare di Lanusei, che trasmise gli atti del procedimento alla Procura. Emersero infatti situazioni paradossali, nel complesso una gestione almeno disinvolta della società. Stando alla ricostruzione dell’accusa, quando Arbatax 2000 - la società amministrata da Grauso (difeso dagli avvocati Rodolfo Meloni e Alessandro Diddi) e Liori (rappresentato da Mariano Delogu) - era ormai piena di debiti, i due soci si erano preoccupati solo di non perdere gli investimenti compiuti, favorendo l’Unione Sarda a scapito di altri creditori, rimasti i soli a pagare il prezzo salatissimo di quell’avventura imprenditoriale. Sotto indagine erano finiti i trasferimenti di carta - unico bene rimasto alla fabbrica - dai magazzini della cartiera a quelli del giornale ma anche fatture artefatte, canoni d’affitto e trasferimenti di crediti. Le accuse erano di bancarotta a vario titolo, ma in primo grado il processo si era concluso con la sola condanna di Liori a quattro anni e mezzo di reclusione. La Corte d’appello aveva poi condannato Grauso e Liori, oltre a Michele Dore, ex presidente del Cda di Arbatax 2000, e Andreano Madeddu, ex amministratore delegato, condannati a tre anni (difesi dai legali Luigi Porcella e Salvatore Casula, Massimiliano Ravenna e Guido Manca Bitti). Quattro anni di carcere erano stati inflitti a Claudio Marcello Massa, amministratore di fatto della Mekart Milano (difeso da Giorgio Arcorace), e due anni e nove mesi ad Alfredo Boletti, amministratore delegato della Pepco di Fabriano (assistito da Guido Manca Bitti). Già prescritte, invece, le contestazioni scattate per Benvenuto Brambilla, amministratore unico della Eusys di Milano (difeso da Salvatore Casula).

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