La Nuova Sardegna

Valore e sacrificio, storia di un popolo in armi

di Manlio Brigaglia
Valore e sacrificio, storia di un popolo in armi

In edicola dodici volumi per raccontare gli uomini in divisa, le battaglie, il sangue e la solidarietà

01 aprile 2014
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«Un popolo di razza latina, che non lascia mai le armi». Così descriveva sinteticamente i Sardi, ai tempi di Federico II, un famoso geografo arabo, El Idrissi. Da quando era che i sardi si portavano appresso questa fama, così dilatata nel Mediterraneo? Potrebbe essere cominciata, dice qualcuno, sin dai tempi dei Shardana, mercenari di uno di quei bellicosi “popoli del mare” che andavano a combattere per i Faraoni a occhio e croce 1200 anni prima di Cristo. Può darsi, anche se gli studiosi più avvertiti (ne cito uno per tutti, Piero Bartoloni, professore nella nostra Università) non credono che fossero sardi.

Che venga di lì o no, la fama c'era. Non per nulla c'erano stati, nella storia di Roma, quasi due secoli e mezzo in cui i sardi avevano opposto ai nuovi padroni una resistenza che sembrava non finire mai.

I Sardi e la guerra, dunque. O, meglio ancora, “Il valore dei Sardi in guerra”, com'è intitolato un libro scritto quasi un secolo fa da Medardo Riccio. Riccio, tempiese, era un grande giornalista che dal 1892 sino agli anni Venti del Novecento, fu direttore di questo giornale che state leggendo: anzi, se vogliamo, fu il direttore che promosse la “Nuova” al punto che già a fine secolo i concorrenti invidiosi la chiamavano “la diffusissima”.

Medardo Riccio è l'autore del libro che apre questa nuova collana di 12 volumi che accompagneranno in edicola il giornale, ogni sabato a partire da questo 5 aprile. Sono in tutto dodici volumi intitolati “La guerre dei Sardi”: un titolo un po' delicato, in tempi in cui la gente giustamente ripudia la guerra. E infatti l'ultimo volume è dedicato proprio alla missioni di pace della Brigata "Sassari" in paesi lontani e diversi, straziati da sanguinosissime guerre locali.

Nel 1917, in piena guerra mondiale, Riccio scrisse il primo volume d'un libro più grande. E infatti nel 1920 pubblicò il secondo. Ricostruita la partecipazione dei sardi alle tre guerre per l'Unità (quante centinaia di morti nella sola battaglia di Solferino, 1859), avrebbe dovuto raccontare che cosa facevano i sardi al fronte. Ma già dal 15 novembre del 1915, quando per la prima volta il Comando Supremo aveva citato “gli intrepidi Sardi della Brigata "Sassari”, quei combattenti erano diventati un mito. In realtà, una poderosa macchina da guerra, che pagava ogni briciola di gloria in sangue, sete, fame e freddo. Nella guerra la Brigata, contando i dispersi (mai più tornati a casa) perdette circa quattromila uomini: un terribile record nazionale, di cui avremmo preferito fare a meno.

Nella collana la Brigata Sassari occupa un posto d'eccezione. Al libro di Riccio (in tre volumi) si accompagna un memoriale famoso, “Fanterie sarde all'ombra del Tricolore” del tempiese Alfredo Graziani, grande compagno di guerra di Emilio Lussu, e la fondamentale “Storia della Brigata Sassari” della storica sassarese Giuseppina Fois, l'unico lavoro di questo tipo condotto direttamente sui documenti conservati nell'Archivio storico dell’Esercito.

Alla guerra dei sardi è dedicato anche un altro originalissimo libro, “Trattare che frates, Kertare ke nimicos”, scritto (e tutto disegnato) da Giuliano Chirra, un noto medico bittese che lavora a Sassari, e che qualche tempo fa ha dedicato sette stagioni delle sue ferie estive per cercare in tutta Europa, in centinaia di cimiteri dei campi di prigionia della Guerra mondiale, le tombe e i nomi dei morti sardi: ne ha trovato 1836, ricordati uno per uno.

Gli altri volumi parlano dei sardi nelle guerre degli ultimi ottant'anni: “Alla fine dell'Impero” è il diario dei quasi dieci anni in cui Peppinu Demuru, partito giovanissimo pastore dalla sua Dualchi, racconta gli ultimi sprazzi della conquista dell'Abissinia e poi la sua odissea di prigioniero nei feroci lager inglesi d'Africa.

E ancora: due libri, “Sardegna 1940-1945” di Giuseppe Podda e di chi scrive, e “La portaerei del Mediterraneo”, dei cagliaritani Marco Coni e Francesco Serra, hanno al centro i grandi e terribili bombardamenti su Cagliari ma anche le sofferenze dello sfollamento e della fame.

Infine l'ultimo, del sassarese Antonio Strinna, ricostruisce la storia delle missioni di pace della Brigata, nel ricordo delle imprese, delle realizzazioni, dei compagni caduti.

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