La Nuova Sardegna

Omicidio ancora senza movente

Omicidio ancora senza movente

Gli inquirenti indagano sui movimenti del giovane tempiese la sera del delitto

31 maggio 2014
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TEMPIO. Il tempo si è fermato in via Villa Bruna, dove il 17 maggio scorso sono stati uccisi Giovanni Azzena, sua moglie Giulia Zanzani e il loro figlio dodicenne Pietro. Si è fermato dentro l’appartamento degli orrori e nel negozio di scarpe sottostante, dove tutto è rimasto com’era al momento della strage. Gli investigatori stanno cercando di capire cosa possa essere accaduto, di tanto grave o di tanto banale, dentro quell’appartamento che Angelo Frigeri conosceva come le sue tasche perché lo frequentava da oltre due anni. Il giovane impiantista c’è stato anche la mattina di quel maledetto sabato 17 maggio, perché doveva sostituire il cavo dell’antenna tv, che funzionava male. Angelo Frigeri sarebbe salito in casa alle 11 e 30, accompagnato da Giulia, con la quale avrebbe scambiato quattro chiacchiere, prima di mettersi al lavoro. Poi l’impiantista era tornato in strada, era entrato in un bar di piazza Gallura dove ha pagato da bere ad alcuni amici e si era comprato una Red Bull, per ristorarsi dentro la casa degli orrori. Cosa sia accaduto dal momento in cui il giovane aveva fatto rientro nell’appartamento, poco dopo mezzogiorno, e le 15 e 30 è una ricostruzione monca, un orrendo puzzle dove le tessere mancanti (che stanno per arrivare con i risultati delle innumerevoli analisi biologiche e delle perizie necroscopiche) non lasciano intravedere l’insieme, vittime e carnefici. Angelo Frigeri, dopo la strage, pulisce la scena del delitto dal copioso sangue che ha imbrattato un angolo della cameretta del bambino (tra il comodino e un tavolino), l’ingresso del bagno, parte del salotto e del tinello (Frigeri sostiene che questo incarico da garzone di bottega gli sia stato imposto dagli ancora sconosciuti aguzzini dei tre), poi si cambia i pantaloni sporchi di sangue, ne indossa un paio di Giovanni (una delle sue vittime) e scende nella vicina via Villamarina per recuperare dal negozio di scarpe degli Azzena qualcosa che (attraverso la lente sfocata della telecamera di un bar) sembra essere una agenda, un quaderno o una plica di documenti. Poi sale sull’auto, la sua Golf Gti nero brillante che non guidava da oltre tre mesi, e comincia il suo tour cittadino prima di presentarsi, a sera inoltrata, dalla sua nuova fiamma con la quale va a mangiare una pizza.

Due giorni più tardi Angelo Frigeri finisce nel tritacarne degli investigatori, che lo assediano di domande e gli chiedono conto di tante cose, dall’amicizia che datava nel tempo tra lui e la famiglia Azzena (marito e moglie, con la quale avrebbe avuto in passato anche momenti di intimità) e di come aveva trascorso la giornata sabato 17 dalle dieci del mattino alle 15 e 30. Il giovane crolla e racconta cosa avrebbe visto dopo che due napoletani lo avevano costretto, armi in pugno, ad aprire l’appartamento degli Azzena. Dopo la mattanza ad opera dei napoletani la versione cambia ed entra in gioco un operaio di Tempio, il quale si sarebbe comportato quasi allo stesso modo, uccidendo prima Giulia, quindi il marito e per ultimo il bambino, appena rientrato a casa dalla scuola. Versioni sottoposte a controlli incrociati ma cadute nel nulla. Dentro quella casa, per il momento, si sa che c’erano solo Angelo Frigeri e le tre vittime. (g.p.c.)

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