La Nuova Sardegna

Strage di Tempio, Frigeri dal carcere: «Non sono stato io. Pietro ha pagato le colpe del padre»

di Giampiero Cocco
Strage di Tempio, Frigeri dal carcere: «Non sono stato io. Pietro ha pagato le colpe del padre»

In una lettera alla Nuova Sardegna il presunto assassino si difende: «Io indagato, non omicida»

31 maggio 2014
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TEMPIO. «Pietro era un bambino innocente che ha solo pagato le colpe del padre». Angelo Frigeri, il presunto carnefice di Tempio, non ci sta ad assumere la veste di assassino. Ora si dichiara, clamorosamente, del tutto estraneo alla tragica vicenda dopo le diverse versioni fornite su quella tragica giornata di sangue che lo avrebbe visto comunque protagonista (se nella semplice e agghiacciante veste di osservatore incapace di reagire o di esecutore materiale saranno i giudici a stabilirlo). Versioni rese agli inquirenti tra i quali il titolare delle indagini Angelo Beccu e il capo della procura della Repubblica di Tempio Domenico Fiordalisi.

La lettera dal carcere. L’indagato lo scrive nella lettera dal carcere indirizzata alla Nuova Sardegna (da noi subito messa a disposizione degli inquirenti - ndr) dove sostiene che lui, con il triplice omicidio di Giovanni Azzena, della moglie Giulia Zanzani e del figlio dodicenne Pietro, non c’entra. Ma, in un passaggio della lettera, Frigeri fa intendere che i suoi rapporti con Azzena non erano certo idilliaci. «Il rimorso che provo – scrive Angelo Frigeri nella sua missiva inviata dal carcere di Bancali – è dovuto al fatto che mi dispiace per l’accaduto, non perché sia stato io, ma perché sono morte tre persone tra cui un bambino innocente che ha solo pagato le colpe del padre. Non ho fatto né rilasciato nessuna dichiarazione, quindi non ho confessato nulla di tutto ciò che riportate voi». Un’autodifesa lucida e fredda, che scende nei particolari, come quello di addossare ad un padre la colpa morale per la morte di un figlio.

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La strage. Nessuno, al momento, ha ben chiaro cosa sia accaduto dentro l’abitazione di via Villa Bruna tra le undici del mattino e le 15.30 del pomeriggio di sabato 17 maggio. La certezza è che dentro quell’appartamento al centro di Tempio, alle 22.45, i familiari hanno ritrovato tre cadaveri: quelli di Giovanni Azzena, 52 anni, della moglie Giulia Zanzani di 48 e del loro figlioletto Pietro, 12 anni. Quanti abbiamo avuto un ruolo in quella mattanza è uno dei punti controversi, ancora in fase di accertamento. Ma in cella, e per una serie inequivocabile di prove già passate al vaglio del gip, è finito (con l’accusa di concorso, il che implica eventuali complici) Angelo Frigeri, fino a questo momento unico indagato, che, sempre nella sua missiva, precisa di non aver avuto discussioni con la famiglia Azzena.

Il litigio. «Sul fatto della lite sono stato sottoposto a controlli e non riporto alcun segno di colluttazione, e altri risultati sono nulli come quello della droga. Non ne ho mai fatto uso tanto meno quel fatidico giorno». Una autodifesa a tutto campo, quella di Angelo Frigeri, che ha messo in difficoltà anche il quarto dei suoi difensori, l’avvocato Giovanni Colli, il penalista nuorese che ha assunto da pochi giorni l’incarico di assisterlo in questo delicatissimo momento processuale, prodromico di altre e ben più importanti impegni difensivi. «Non ho nulla da dire, non conosco ancora il contenuto della missiva», ha dichiarato il penalista. «Spero che non travisiate quanto ho scritto – dice ancora Frigeri – e ricordo che sono indagato e non omicida». Una veste, quest’ultima, che risulta per ora una delle ipotesi avanzate nelle indagini dagli inquirenti.

L’auto. Poi la conclusione della lettera con riferimento alla sua Golf, che negli ultimi mesi aveva dato ad Azzena e in cambio aveva in uso la Toyota Yaris della vittima . Un post scriptum che lascia trapelare la rabbia ancora repressa. «La Golf menzionata non era stata venduta e perciò restituitami senza nessun debito dovuto né da parte mia né dell’Azzena». Nessun accenno alla moglie di Azzena, Giulia, con la quale si era confrontato per diversi giorni proprio per ottenere indietro quella macchina. Un’auto che non ha esitato a riprendersi dopo che, secondo le sue versioni, prima due napoletani svaniti nel nulla e poi un operaio tempiese risultato estraneo alla vicenda sarebbero penetrati nell’appartamento degli orrori e, davanti ai suoi occhi, avrebbero commesso il più orrendo dei crimini commesso in Gallura da 200 anni a questa parte. Questo lo racconta Angelo Frigeri agli inquirenti, e noi ne abbiamo dato atto, come abbiamo dato conto ora, senza travisamenti di sorta, della sua lettera dal carcere. La cronaca giudiziaria non è certo una fiction, noi raccontiamo semplicemente la cronaca delle indagini e le varie ipotesi degli investigatori. In questo caso parliamo del triplice ed efferato omicidio di Tempio, di una strage che ha addolorato l'intera isola ed è ancora in cerca di un movente, e di un giovane tempiese finito in carcere con la pesantissima accusa di concorso in omicidio plurimo, aggravato dalla crudeltà.

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