La Nuova Sardegna

Leggendo metropolitano

Giovani, I-phone e bellezza Incontro con Michele Serra

di Sabrina Zedda
Giovani, I-phone e bellezza Incontro con Michele Serra

CAGLIARI. Sdraiato sul divano con in mano l’I-phone, nell’altra un libro di chimica, sopra la pancia il tablet e alle orecchie le cuffie. Un genitore, davanti al proprio figlio così, sarebbe preso...

07 giugno 2014
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CAGLIARI. Sdraiato sul divano con in mano l’I-phone, nell’altra un libro di chimica, sopra la pancia il tablet e alle orecchie le cuffie. Un genitore, davanti al proprio figlio così, sarebbe preso da un senso di scoramento. Ma in realtà è questo il quadro della gioventù d’oggi.

Gli adolescenti sono multitasking, perché sanno muoversi più in ampiezza che in profondità, nel senso che sanno come e quali strumenti usare per trovare informazioni, commenti, fonti, e sanno usarli contemporaneamente, ma poco sanno della profondità delle cose. E’ questo lo scenario in cui il giornalista e scrittore Michele Serra si muove nel suo ultimo romanzo “Gli sdraiati” (edito da Feltrinelli), al centro l’altra sera di uno di uno dei primi incontri di Leggendo metropolitano.

Nella terrazza del Bastione di Saint Remy, in una notte attraversata dalla brezza, Serra, a cui molti lettori sono affezionati soprattutto per la sua rubrica “L’Amaca” su La Repubblica, ha raccontato il suo ultimo romanzo in un vivace dialogo con Michele De Mieri, giornalista e critico letterario. Lungi dall’essere il lavoro di un esperto sulle dinamiche adolescenziali, come molti l’hanno definito all’indomani dell’uscita in libreria, Michele Serra ha parlato del suo libro, nato con sette anni di ritardo («Sei anni prima avevo promesso all’editore che avrei scritto un libro sugli adolescenti e che l’avrei intitolato “Gli sdraiati” e glielo ho consegnato anni dopo con suo grande stupore», ha raccontato), come di un’opera che ha dovuto difendere strenuamente da chi ha separato il testo dal contesto, distorcendola in una sorta di analisi sul conflitto generazionale o sui giovani d’oggi. «In realtà è la storia di un padre, a tratti anche patetico», ha detto Serra.

Il conflitto generazionale emerge, certo, ma a preoccupare più di tutto il padre del romanzo non è tanto l’incapacità di dialogare col figlio quanto la consapevolezza di non riuscire a trasmettergli valori come la bellezza: «A un certo punto del libro- ha sottolineato l’autore- il genitore dice al figlio “chissà se ci sarà un momento della vita in cui guarderemo lo stesso paesaggio». Non siamo più nel ’68, quando padre e figlio guardavano lo stesso tg e litigavano magari perché uno era d’accordo con la polizia e l’altro no.

Dispiace, perché il conflitto è formativo: «Rifiutando le regole devi prendere posizione, farti un’idea, trovare la tesi e l’antitesi». Oggi così non è e i ragazzi sembrano solo interessati a vivere tutto alla massima velocità, senza saper scegliere o capire che non tutto deve essere vissuto per forza.

«La nostra profondità è forse un concetto superato- ha concluso Serra- Ma se siamo nell’ampiezza, allora bisogna scegliere la rotta».

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