La Nuova Sardegna

La tragedia siriana e il silenzio della Ue

di Sabrina Zedda
La tragedia siriana e il silenzio della Ue

“War Games”, il dibattito con Domenico Quirico e la scrittrice Clara Usòn

09 giugno 2014
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CAGLIARI. C'è un'immagine che da sola racchiude il senso della "Primavera araba": è quella del giovane fruttivendolo che, stanco di pagare le tangenti per stare in strada col suo carretto, si cosparse di benzina e si diede fuoco. «Non posso più continuare a vivere così», fu la sua spiegazione poco prima di quel gesto. Ecco, è in queste parole che Domenico Quirico, inviato del quotidiano La Stampa e reporter di guerra, ritrova la frase più rivoluzionaria che ci possa essere: «Cosa c'è di più totale e assoluto?», domanda Quirico, ospite insieme alla scrittrice spagnola Clara Usòn dell'incontro dal titolo "War games" organizzato in via Santa Croce nella penultima serata del festival Leggendo Metropolitano.

Davanti a una platea foltissima e attenta, l'ora abbondante di conversazione, moderata da Cesare Martinetti, vicedirettore de La Stampa, è un'analisi, a tratti agghiacciante, non solo dei fatti che hanno scosso i paesi arabi, ma anche di quelli che hanno scandito la guerra nella ex Jugoslavia, del genocidio in Ruanda, sino ai più recenti accadimenti in Ucraina. Fatti che Quirico racconta col piglio del cronista misto all'accaloramento di chi sente come suoi lo strazio e il dolore delle popolazioni vittime di quelle tragedie.

E allora, quasi per renderle in qualche modo un po' di giustizia vuole raccontare perché si sappia la verità. Che non è quella percepita, magari perché distorta dalle fonti ufficiali. E' quella, ad esempio, dei giovani rivoluzionari siriani, o egiziani, che lui chiama «i senzatutto», per i quali la Storia non è altro che la faccia di un colonello (sempre lo stesso dai tempi dei loro padri) e vorrebbero magari solo una prospettiva di vita diversa, dove mafia, manfrine e giochi di potere fossero finalmente spazzati via per far posto a uno stato di diritto.

I cinque mesi di prigionia che lo scorso anno, durante uno dei suoi viaggi per raccontare i fatti in Siria, lo videro nelle mani dei rivoluzionari non gli hanno fatto cambiare idea sul fatto di stare dalla loro parte. «Continuo a pensare che il vero cattivo sia Assad – dice – Quel rapimento è stato un tradimento: un gruppo di ribelli si mise d'accordo con un altro e fui venduto».

Di tradimento parla anche Clara Usòn che, nel suo ultimo libro "La figlia", racconta la storia vera della appena 23enne Ana Mladic, figlia del generale Ratko, morta suicida per non essere riuscita ad accettare il vero volto di suo padre: quello di un sanguinario protagonista della guerra nella ex Jugoslavia, che lei aveva sempre venerato come un dio.

Che cosa accomuna le ricostruzioni di Quirico e Usòn? Oltre al tradimento, c'è anche la consapevolezza di un atteggiamento colpevole dell'Europa, immobile davanti alla tragedia. «L'Europa è stata voluta affinché tra gli Stati e le loro popolazioni ci fossero pace e propserità – dice Usòn – Ma le cose sono andate diversamente, e il malcontento che questo ha generato potrebbe essere la causa di nuovi nazionalismi». «Noi non siamo quello che diciamo di essere», è l'amara conclusione di Quirico.

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