La Nuova Sardegna

Renato Vallanzasca ritorna in carcere per furto di mutande

di Pier Giorgio Pinna
Renato Vallanzasca ritorna in carcere per furto di mutande

Milano, un mito della mala tramonta con un taccheggio. Dagli omicidi in Lombardia alle tentate evasioni in Sardegna

15 giugno 2014
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MILANO. Un mito della mala tradito da due paia di boxer. Renato Vallanzasca, 64 anni, torna in carcere. Non per gesti di grosso spessore delinquenziale: per furto di mutande. Era in permesso premio, tre giorni, dal carcere di Bollate. L’hanno arrestato a Milano in un supermercato Esselunga.

Processo per direttissima. Sospeso, per ora, il regime di cui godeva: da ieri mattina si ritrova nella condizione di ergastolano. Il legale di fiducia. «Sono incredula, lui non ha ammesso alcun furto, ma faremo chiarezza»: questo il primo commento del suo avvocato, Deborah Piazza. Intanto emergono altri particolari. Il ragazzo della security che l’ha fermato ai controlli non l’ha riconosciuto. L’ufficiale dei carabinieri che ha formalizzato le procedure in caserma era un bambino di tre anni quando lui, il Bel Renè, venne portato in cella per la prima volta.

La caduta. Metamorfosi in caduta libera. Emblematica la sua parabola criminale. Da imputato per reati d’impressionante gravità, una vita violenza costellata di omicidi e rapine, ad anonimo ladro di boxer e attrezzi per il giardinaggio (cesoie e concime, 70 euro il valore). Insomma, sembra finire davvero in mutande il feuilleton a tinte noir che per anni ha alimentato la leggenda diabolica del Bel Renè. Uno che con i suoi trascorsi da detenuto eccellente è stato di casa nelle carceri della Sardegna. E che all’isola ha legato alcune delle sue fosche imprese, compresi diversi tentativi di evasione.

Massacri e bagatelle. Non che gesta declinanti di questo tipo non abbiano avuto precedenti nel caso di altri banditi di primo piano. Ma certamente fa riflettere questo scivolone da quattro soldi di un bandito fin da giovanissimo descritto dalle cronache come “il selvaggio re degli assalti armati alla Comasina”. Un uomo che ha alimentato storie senza fine. Sul quale sono stati scritti libri e girato persino un film. Il ricordo. C’è ancora oggi uno dei tassisti più vecchi di Roma che ai clienti racconta: «Faccio questo lavoro dal 1969 e negli anni Settanta me la sono vista brutta. Di notte, a Fiumicino, sale un giovane alto, distinto, con i baffi. Mi chiede di portarlo ai Parioli. All’arrivo mostra una pistola. “Non mi ha riconosciuto – dice – Sono Vallanzasca: e stavolta ti è pure andata bene”. Mi sono sempre chiesto che cosa fosse venuto a fare da Milano».

Carriera criminale. Era il periodo nel quale il Bel René costruiva il suo curriculum da oscar della delinquenza organizzata: 6 omicidi, 4 sequestri di persona, scontri a fuoco durante i blitz ai danni di banche e portavalori, evasioni e rivolte in carcere. Un palmares del crimine che gli ha fruttato condanne per 260 anni di reclusione e 4 ergastoli. E che, da recluso sotto sorveglianza speciale, lo ha fatto finire nell’ex Cajenna del Mediterraneo, quando negli anni Ottanta l’Asinara era ancora un supercarcere. E, più tardi, nel penitenziario-bunker di Nuoro. Dove si sarebbe rilanciato come primattore tentando di evadere con l’aiuto di una donna avvocato sarda innamorata di lui. Love story. Anche la sua vita privata è stata molto movimentata. Spesso al centro di storie rose e aneddoti in breve tempo trasformati in leggende. Il Bel Renè ha avuto un solo figlio,. Ma due mogli. E gli sono stati attribuiti una serie incessante di colpi di testa in amore. Un vero record, dato che tra periodi di latitanza, fughe e permessi di lavoro ha trascorso la maggior parte dei suoi ultimi 40 anni in galera.

I trascorsi. Con corsi e ricorsi. Un altro passaggio che sfiora l’isola risale infatti al 1987. Da detenuto Vallanzasca scappa dalla cabina-cella dov’è rinchiuso attraverso un oblò del traghetto che da Genova avrebbe dovuto riportarlo all'Asinara. Più tardi si scoprirà che in Sardegna non è mai arrivato: aveva portato a termine con successo la sua fuga lungo i carrugi prima della partenza della nave per Porto Torres.

L’epilogo. Azioni eclatanti, rocambolesche. E spesso sanguinose. Lo stesso bandito ne parlerà in un’autobiografia scritta col giornalista di “Repubblica” Carlo Bonini: s’ intitola “Il fiore del male”. E adesso? Ora sembra forse arrivato il declino finale. Per una storia davvero di poco conto. Ma sufficiente a fare chiudere definitivamente le porte della prigione (di nuovo in Sardegna?) dietro le spalle dell’ex re della Comasina. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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