La Nuova Sardegna

Demuro: «Parigi? Scelgo Porto Torres»

di Gianni Bazzoni
Demuro: «Parigi? Scelgo Porto Torres»

Il cantante di fama mondiale rientra nell’isola con la famiglia dopo 7 anni: «Questo è un paradiso, ho deciso di vivere qui»

23 giugno 2014
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PORTO TORRES. Certi personaggi, quando diventano famosi e volano alto, se ne vanno. Lasciano la loro città, guardano altrove per stare meglio, in fondo hanno l’imbarazzo della scelta. Ma c’è sempre una storia che cambia il corso delle cose già scritte: stavolta porta la firma di Francesco Demuro, giovane tenore di valore straordinario, richiesto in tutto il mondo. Un ragazzo in gamba, umile, che sa cosa è il sacrificio, partito dal basso per compiere il grande salto. Mancava quasi sette anni dalla Sardegna, e ora che tutti sanno chi è ha deciso di tornare a casa con un gesto semplice e carico di affetto. Poteva andare ovunque, invece è rientrato nella sua Porto Torres. L’ha annunciato ufficialmente ieri pomeriggio, alle 16.30, sotto un sole cocente, su un piccolo palco dove forse suoi colleghi meno famosi non sarebbero saliti neppure a pagamento. Invece Francesco c’è andato gratis «con il cuore colmo di riconoscenza», ha deciso di regalare un fuori programma alla sua città, sottolineando «che per me, in questo momento, ha un significato speciale». Accompagnato al pianoforte dal maestro e compositore Roberto Piana, sassarese, vincitore di numerosi premi, il tenore turritano ha cantato «Nessun Dorma», la celebre romanza della Turandot di Puccini che suona quasi come una scossa, un segnale per lanciare la rinascita di una città in grave difficoltà ma che ha tante risorse e un patrimonio culturale e artistico su cui vale la pena investire. È stato un pomeriggio speciale, originale e coinvolgente. Davanti all’antica torre aragonese (storico simbolo di tante battaglie), a due passi dal porto e dalla pista preparata per i cavalli del palio «Santu Bainzu» (dove il tenore è stato invitato come ospite d’onore), quella voce ha trasmesso forti emozioni. Presentato da Giuliano Marongiu, che l’ha definito «figlio di questa terra», Francesco Demuro ha cantato come fosse in un lussuoso teatro e su un grande palco. Applausi e ovazione da stadio. Poi autografi e abbracci, foto ricordo con il gruppo in costume di Etnos che ha fatto da coreografia durante l’esibizione. Poco prima le prove, nella Scuola civica di musica diretta da Donatella Parodi che con Musicando Insieme ha collaborato per realizzare l’idea dell’assessore comunale Costantino Ligas. Affetto straripante da parte del pubblico.

«È uno degli applausi più belli della mia vita – afferma il tenore – ve lo dico dall’anima». La sua vita, in fondo, è come un romanzo. È partito dalla Sardegna giovanissimo, ha girato il mondo e ora ritorna nella sua terra con moglie e tre figlie, da dove partirà per nuove esperienze artistiche e dove, ogni volta, tornerà: «Le navi e gli aerei li abbiamo anche qui, non sarà difficile».

Francesco Demuro racconta della sua decisione presa con rapidità, da portotorrese tosto, in un momento di nostalgia, la sera di Pasquetta. «Ero a Londra per la Traviata e dopo lo spettacolo guardavo su internet le foto del concerto della Pfm a Balai – insieme a mia moglie Vittoria. Le ho detto, che bello: promettimi che quando sarà, in quel momento terribile, mi riporterai qui, nella mia terra. E lei: perché devi tornarci da morto e non da vivo? In quel momento ho rivisto il sole, così eccomi qui e la ringrazio tanto per avermi aiutato in questa scelta».

Quel sole c’è, è caldissimo. Francesco Demuro è arrivato alle due del mattino. È tornato a casa dopo avere dato l’arrivederci a Parigi con l’ultima recita della Traviata alla Bastille, davanti a tremila spettatori, un altro grande successo. L’ha seguito un camion carico di scatoloni che ha cominciato a scaricare sotto la sua abitazione. E la gente che passava lo riconosceva e si fermava. Prima uno, poi due, dieci, tutti a portare scatole.

«Qui ci sono valori importanti, non solo il paesaggio. Parlo delle persone – dice Demuro – la semplicità della gente, il vivere quotidiano. Sono cose di cui non posso fare a meno e che in giro per il mondo non si trovano più: solo lavoro e business. Sono stato quasi sette anni senza la mia città e la mia gente, e adesso voglio tornare a viverla in tutto e per tutto. Siamo in un paradiso, certo sappiamo benissimo che ci sono dei problemi a cominciare da quello della mancanza di lavoro. Però, ragazzi, io ho fiducia che le cose si mettano a posto, spero in una rinascita imminente. E se si cambia, siamo veramente in uno dei posti più belli. Ve lo dice uno che ha girato il mondo».

Poi un pensiero a San Gavino, ai Martiri Turritani: «Come esprimerlo in poche parole? Dico che ce l’abbiamo dentro, nel Dna, è più forte di noi, non ne possiamo fare a meno. Io immagino che questa sia la mia vita presente e futura».

Commosso e sommerso dagli applausi, Francesco Demuro - prima di scendere tra la gente - lascia ancora un messaggio: «Vi voglio bene».

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