Segregata in casa per mesi dal compagno
Una ragazza moldava di 26 anni è riuscita a fuggire spaccando una finestra, il fidanzato marocchino è stato arrestato
ARZACHENA. L’ha massacrata di botte per mesi. L’ha tenuta segregata in casa, l’ha legata, l’ha violentata. Trattava la sua ragazza come una schiava e lei doveva obbedire, e fare ciò che lui voleva.
Due giorni fa le ha anche puntato un coltello alla gola, minacciandola di tagliargliela se solo avesse fiatato. Ma lei, nell’unico momento in cui pensava di farcela davvero, è riuscita a scappare via da quell’inferno. Si è lanciata contro una finestra, l’ha infranta. E, scalza, ha camminato e corso su quei pezzi di vetro, alla ricerca della libertà. Per porre fine a tanta violenza. Ce l’ha fatta, grazie all’intervento della polizia di Porto Cervo. E lui, un marocchino di 30 anni, è stato arrestato dagli uomini del commissariato guidato dal dirigente Fabio Scanu. Due poliziotti (di cui una donna) hanno messo al sicuro la giovane e hanno ammanettato il suo fidanzato con le accuse di tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale. Sì, perché ha anche tentato di ribellarsi agli agenti che lo hanno bloccato e poi subito trasferito nel carcere di Nuchis.
La ragazza, 26 anni, moldava, è finita al pronto soccorso dell’ospedale di Olbia. Le ferite e i lividi su tutto il corpo guariranno, ma non scompariranno mai quelli che si porta dentro, insieme a dolore e paura, per tutto ciò che ha sopportato, per il terrore vissuto.
Adesso c’è chi si sta prendendo cura di lei. È stata affidata inizialmente a Prospettiva Donna, presieduta da Patrizia Desole. È stata presa per mano, è stata consolata, le è stata data tutta l’assistenza necessaria. Ma in Gallura non poteva stare, in un luogo così vicino a chi l’ha ridotta in questo stato, non sarebbe potuta rimanere. E allora Prospettiva Donna ha contattato un altro centro antiviolenza della Penisola, che le garantirà l’aiuto necessario, dopo tanta violenza fisica e psicologica, per ritrovare la serenità e riprendersi in mano la sua vita.
La segnalazione dell’ultima brutale aggressione da parte del marocchino nei confronti della sua compagna, risale all’altro ieri. Sono i vicini di casa a dare l’allarme, sconvolti dalle urla. L’equipaggio di una volante, impegnato nei servizi di controllo del territorio, raggiunge in un attimo la periferia di Arzachena. È da qui che arriva la richiesta di intervento. Gli agenti incrociano la giovane moldava, ferita e sanguinante, ricoperta da lividi e in evidente stato di choc. È salva, grazie a loro, finalmente. Non deve avere più paura. I poliziotti, a quel punto, cercano l’aggressore. Lo trovano, lo identificano, lui cerca di opporre resistenza. Inutile. Scatta l’arresto.
La giovane donna, che continua a tremare, dice subito che il suo compagno le aveva puntato addosso un coltello da cucina con il quale aveva cercato di colpirla. Il resto dell’agghiacciante storia lo racconterà dopo e si scopriranno le sofferenze sopportate per mesi e l’impossibilità di mettersi in contatto con chiunque, perché lui le aveva portato via il cellulare (oltre a farle sparire il passaporto). Quindi le botte continue, le minacce, le violenze. Guai a parlare, guai a tentare di scappare. Poi l’occasione, forse l’unica in tutto questo tempo, per riuscire a fuggire: la giovane mette insieme le poche forze rimaste, trova il coraggio, scappa via.
«Questa giovane è sfuggita alla morte - racconta Patrizia Desole di Prospettiva Donna -, è salva per miracolo. Ha dovuto subire violenza per mesi, è una donna completamente distrutta. Purtroppo di casi come questo, ce ne sono tanti. Anzi. Sono in continuo aumento e la cosa terribile è che c’è sempre più violenza, c’è sempre più cattiveria, e fino a quando non si interviene o non scatta la denuncia, non si vede la fine. Il nostro centro fa tutto il possibile per le donne vittime di violenza, e la nostra azione ha aiutato finora tante ragazze, tante madri, tanti bambini che hanno assistito a scene di maltrattamenti in famiglia. Si lavora in sinergia con le forze dell’ordine e, come in questo caso, e si fa un’attenta valutazione del rischio. Così, per la ragazza moldava, abbiamo deciso che fosse necessario il trasferimento in un’altra regione italiana. La tranquillità, lei, potrà ritrovarla solo andando lontano».
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