La Nuova Sardegna

«Contro le epidemie lotta più integrata»

di Pier Giorgio Pinna

Il docente di Veterinaria Pittau: bene i vaccini spenti, ma bisogna bloccare tutti i vettori dell’infezione

13 agosto 2014
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SASSARI. «Lotta più integrata per debellare le malattie del bestiame sardo: vanno bene i vaccini spenti, ma bisogna combattere a fondo tutti i vettori delle epidemie, come i moscerini nel caso della blue tongue». Chiara e senza tentennamenti la strategia delineata da Marco Pittau, del dipartimento di medicina veterinaria. L' istituzione è stata chiamata per la prima volta chiamata ai tavoli tecnici della Regione. Forse è il segno di una nuova sensibilità politica da parte della giunta. Forse la semplice conferma della gravità di un'emergenza che ha richiesto altre Unità di crisi. Fatto sta che il docente (nell'università sassarese insegna “malattie infettive degli animali”) è già al lavoro. Anche perché, per via delle specializzazioni in microbiologia e delle competenze maturate nel settore degli ovi-caprini, all'epoca dei vaccini arrivati dal Sudafrica aveva fornito una serie di soluzioni. «Tutte proposte e alternative, però, accantonate dalle autorità sanitarie nazionali, in quegli anni evidentemente impegnate solo a evitare che lo scandalo giudiziario che le avrebbe poi travolte scoppiasse subito», commenta oggi Pittau. Che per questo è pronto a collaborare con la magistratura di Roma e con la Procura di Cagliari nelle inchieste aperte in queste ultime settimane.

Ma perché il ministero, all'inizio del Duemila, non ha ascoltato i veterinari dell'isola?

«Perché aveva già comprato la bellezza di 9 milioni di vaccini vivi dal Sudafrica quando il Sierotipo 2 per la lingua blu cominciò a circolare in Sicilia e in Calabria. Per poi scoprire che in altre regioni italiane non potevano essere usati e destinarli così tutti alla Sardegna, tanto da far diventare obbligatorio solo da noi un ciclo di tre richiami».

Qual era il motivo esatto per cui vi opponevate?

«Quel vaccino sudafricano in Europa non si poteva usare. Veniva considerato pericoloso. Fra l'altro, i vaccini vivi si utilizzano solo in casi estremi. Perché possono a loro volta contribuire a diffondere la malattia. Com’è probabilmente avvenuto e come adesso i procuratori della Repubblica stanno cercando di appurare».

Lei che cosa aveva suggerito di fare?

«Nella comunità scientifica è notoria l'esistenza di un sistema che consente di scoprire se in una data situazione circola solo il virus primigenio, noi lo chiamiamo "selvaggio", oppure se è stato messo in giro anche un virus derivato da vaccini. Noi in quel momento eravamo in grado di stabilire la distinzione. E prevedere le opportune contromisure».

Invece che cos'è successo?

«Hanno accentrato ogni attività. Ci hanno impedito d'intervenire e di fare ricerca tagliando fuori chiunque potesse ostacolarli: sarà la magistratura a chiarire per quali interessi».

A chi si riferisce?

«A quei tecnici del ministero e a quei dirigenti dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, gli stessi adesso non a caso al centro delle indagini sulle connivenze per l'acquisto di quei vaccini dal Sudafrica».

Ma in che modo siete stati ostacolati voi dell'università di Sassari?

«Ci hanno detto, e scritto, che non eravamo autorizzati a manipolazioni di virus minacciando di denunciarci se avessimo continuato. E a questo proposito ribadisco di essere disponibile a fornire agli inquirenti tutta la collaborazione necessaria a riprova delle mie affermazioni, comprese due perizie fatte per conto di specialisti del Lazio che attestano quanto sostenevo sin da allora».

E ora quale strategia si dovrebbe adottare per combattere la blue tongue nell'isola?

«I vaccini spenti vanno benissimo. Vengono usati già da un po' di anni anche in Sardegna. Non hanno dato il minimo effetto collaterale. Chi ha aderito alla campagna di vaccinazioni ne ha perciò tratto solo vantaggi. Certo, quei vaccini danno una copertura limitata. E quindi bisogna fare i richiami».

Allora perché tante proteste, soprattutto da parte del Movimento pastori?

«Potrei dire che chi si è scottato con l'acqua calda diffida anche dell'acqua fredda. Ma preferisco rassicurare tutti: dai vaccini spenti non c'è proprio nulla da temere».

Bastano queste contromisure?

«Evidentemente non da sole. In passato è stata praticata una politica sanitaria di tipo assistenzialista: contributi a pioggia a fronte dei danni subìti. Oggi si dovrà ribaltare questo concetto».

In che senso?

«Si deve premiare chi in campagna agisce in maniera corretta contribuendo a eliminare i veicoli delle patologie. In sostanza, d'ora in poi i contributi dovrebbero andare solo a chi ha messo in atto tutti gli interventi di contrasto risanando gli abbeveratoi e dotando di zanzariere gli ovili quando ciò sia possibile».

Ma una parte del problema non verrebbe così scaricato ancora sui pastori?

«No, perché in questa stessa direzione c'è estrema necessità tanto dell'opera delle istituzioni quanto del lavoro degli allevatori: contrastare i vettori di malattie come la blue tongue agendo con profilassi dirette deve diventare l'obiettivo condiviso da tutti».

In che modo si dovrebbe procedere esattamente?

«Se un allevatore adotta le contromisure ma subisce lo stesso danni, naturalmente dovrà essere comunque ripagato attraverso le provvidenze pubbliche. Nel frattempo Regione, Asl, Zooprofilattico, università e guardie forestali dovranno svolgere la loro attività al meglio».

Basterà?

«Quel che tutti devono capire è che le epidemie non si sconfiggono cacciando i veterinari dagli ovili: siamo e dobbiamo restare tutti insieme dalla stessa parte. Il nemico è uno solo: la malattia».

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