La Nuova Sardegna

ernesto butta

Schedato come sovversivo ma difeso dalla sua redazione

Schedato come sovversivo ma difeso dalla sua redazione

Perseguitato dalla polizia con l’accusa di aver inviato una lettera minatoria al re. Dall’esilio a New York e Parigi alla scelta d’intervenire per la libertà della Francia

30 dicembre 2014
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SASSARI. Sguardo fisso rivolto all'obiettivo, rigido nella divisa militare, sciabola in pugno riposta nel fodero, stivali da cavallerizzo, portamento austero : così appare Ernesto Butta nell'unica foto sinora conosciuta. Una posa realizzata poco prima della partenza per le Argonne. Non è arrivata sino ai nostri giorni nessun'altra immagine riferita ad anni precedenti, neanche tra i banconi della tipografia Gallizzi che allora stampava "La Nuova". E visto che all'epoca soltanto pochi redattori firmavano sui quotidiani è quasi impossibile risalire ai suoi articoli per il giornale, scritti tra il 1901 al 1904 e poi in un secondo successivo periodo.

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Ma quali sono stati i tratti distintivi del giornalista sardo morto in Francia nel gennaio 1915? Descritto dalla polizia politica come un pericolo sovversivo nemico dei Savoia, ha avuto una vita breve e avventurosa: è stato in realtà un repubblicano convinto, impegnato nelle lotte antimonarchiche, tanto da pagare con l'esilio negli Stati Uniti e in Francia per questa militanza. Dopo la morte, la sua redazione, con un coraggio davvero inaudito per i tempi, ne difende la memoria con forza sulla prima pagina, raccontando le persecuzioni delle quali fu vittima e smontando una per una le accuse che gli erano state mosse. Dopo aver ricordato come Butta fu accusato di aver inviato da Ginevra una lettera di minacce a re Umberto I e poi assolto, i giornalisti della "Nuova" aggiungono: «Non aveva altro torto che quello di professare liberamente, alla luce del sole, le proprie idee: torto tanto più grave in quei tempi della bieca reazione». E ancora: richiamato alle armi dopo la leva come sergente, «al comando fu presentato come un sovversivo pericoloso, processato e degradato: ma bisogna aggiungere, per la verità, che egli non se ne accorò… tanto». Anche da qui i nuovi viaggi all'estero: ancora in Svizzera e poi a New York, prima di Parigi.

Nato a Sassari il 26 luglio 1877, il cronista-garibaldino era figlio di un funzionario statale, Giovanni Battista Butta, e di una casalinga, Domenichina Mundula, anche loro sassaresi, nonostante l'origine del padre rimandi ad altre regioni. Se non per parte di madre, è difficile che oggi risiedano ancora nell'isola suoi parenti. Negli elenchi telefonici della Sardegna non risultano Butta. Alcuni discendenti di differenti ceppi dei Mundula, contattati nelle zone settentrionali dell'isola, hanno detto di non aver mai sentito parlare di lui, mentre altrove vivono all'incirca 250 famiglie con questo cognome, sparse in tutt'Italia, dal Nord sino alla Sicilia.

Ernesto Butta, comunque, studiò nella città natale e poi a Nuoro e in Piemonte, dove conseguì la licenza liceale, prima di tornare a Sassari e iscriversi all'università mentre lavorava alla "Nuova". Nel 1915 il giornalista aveva lasciato a Roma un fratello più giovane, Ettore, classe 1890, impiegato delle Poste, e una moglie, Ernesta Contini, nipote dell'attore del cinema muto Dillo Lombardi, allora notissimo. Di quest'ultimo suo periodo "La Nuova" scrive: «All'epoca corrispondente del Giornale di Sicilia e della Patria degli italiani di New York e redattore della Regione, emerse come polemista forte e come brillante resocontista. Ebbe duelli e processi». Appunto dopo una condanna a 10 mesi per diffamazione, Butta arriva in Francia. Si arruola tra i garibaldini. E lì trovverà nelle Argonne quella che il suo primo giornale, “La Nuova”, descrive come "la bella morte". (pgp)

 

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