Fondi ai gruppi, per Maninchedda cade l’accusa di peculato
Nel 2005 il consigliere regionale non era presidente di Progetto Sardegna, il pm Cocco rinuncia all’esame
CAGLIARI. C’era un errore piuttosto evidente nell’invito a comparire notificato a Paolo Maninchedda, chiamato a rispondere di peculato per l’uso improprio di 3960 euro come presidente del gruppo di Progetto Sardegna a giugno del 2006: l’attuale assessore regionale ai lavori pubblici non era mai stato presidente del gruppo soriano, quindi non poteva aver disposto il pagamento di un sondaggio elettorale a Iglesias e neppure qualsiasi altra spesa da coprire coi fondi del gruppo.
Chiarito con una memoria depositata dall’avvocato Massimiliano Ravenna il vero ruolo ricoperto da Manichedda all’epoca dei fatti, il pm Marco Cocco ha rinunciato all’esame dell’indagato, in programma per venerdì 8 alle 9.30 al terzo piano del palazzo di giustizia.
Questo non significa che Maninchedda sia stato già prosciolto dall’accusa, ma lascia intendere che il magistrato chiederà di qui a breve l’archiviazione della sua posizione perché l’esponente del partito dei Sardi è chiaramente estraneo all’operazione decisa dal gruppo di Progetto Sardegna. Ma non è solo l’errore sul ruolo svolto da Maninchedda nel gruppo ad aver convinto il pm Cocco a rinunciare all’interrogatorio: l’articolo 12 del regolamento del Consiglio regionale stabilisce che «le cariche di componente l’ufficio di presidenza, di presidente di gruppo e di presidente di commissione permanente o speciale sono tra di loro incompatibili». Nei giorni indicati nella contestazione giudiziaria Maninchedda presiedeva la commissione bilancio, quindi non poteva essere presidente del gruppo. Ed è proprio nelle vesti di presidente della commissione che l’attuale assessore regionale entrò in rotta di collisione con il leader Renato Soru, al punto che il 28 luglio 2005 decise di lasciare il gruppo di Progetto Sardegna per aderire al gruppo misto. (m.l.)