La Nuova Sardegna

Trinità, 19 romeni lavorano in nero e dormono per terra

di Giampiero Cocco
Trinità, 19 romeni lavorano in nero e dormono per terra

Blitz dei carabinieri in un’azienda vinicola gallurese Gli operai ospitati nel porcile: denunciato il proprietario

16 settembre 2015
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D’AGULTU. I diciannove romeni, comprese le quattro donne impiegate nella vendemmia 2015 di una nota azienda agricola gallurese, lavoravano in nero. E per racimolare una paga da fame erano costretti a dormire in un puzzolente giaciglio ricavato da una porcilaia. A scoprire le terrificanti condizioni da terzo mondo in cui si erano adattati a vivere un gruppo di operai romeni, tra i quali quattro giovanissime donne, sono stati ieri mattina i funzionari dello Spresal della Asl di Olbia, i carabinieri del’ispettorato del lavoro di Sassari, i colleghi della stazione di Trinità d’Agultu e gli ispettori inviati sul posto dell’agenzia del lavoro provinciale. Il blitz anti caporalato è scattato poco dopo le otto del mattino, quando gli operai – che sarebbero stati ingaggiati da due connazionali romeni che lavorano da tempo per l’azienda agricola “Montespada srl” di Roberto Albertini, un imprenditore veneto da decenni trasferitosi a Giunchizza, una località sulla costa di Trinità d’Agultu – stavano per cominciare il loro massacrante turno di lavoro tra i filari dei quaranta ettari di vigna della Montespada Srl. Gli ispettori e i militari hanno chiamato i lavoratori a raccolta dentro un capannone e, documenti alla mano, hanno identificato tutti coloro che, in quel momento, si trovavano nel vigneto. Buona parte dei romeni, quattro dei quali avevano portato al lavoro anche le rispettive compagne o mogli, sono risultati del tutto privi di qualunque copertura assicurativa e previdenziale, effettuando praticamente quello conosciuto come “lavoro nero”. Pochi altri (per i quali è scattata un ulteriore accertamento da parte dell’agenzia del lavoro di Sassari) avevano incassato come salario giornaliero i voucer che vengono emessi da Inps o da Poste Italiane per retribuire i lavoratori occasionali.

Ma nella azienda Montentespada srl di occasionale c’era ben poco, visto che gli stessi operai, per essere più vicini al loro posto di lavoro, erano stati (eufemisticamente parlando) ospitati nelle celle di in una vecchia porcilaia utilizzata anche come latrina e lavatorio. Per la doccia comune era a disposizione un vecchio deposito d’acqua sistemato sul muro di cinta, all’ingresso della porcilaia, con una pompa collegata al rubinetto. I più fortunati (le coppie di lavoratori con mogli) dormivano in una vecchio capanno per gli attrezzi dove era stato allestito una sorta di dormitorio collettivo con annesso refettorio, dove c’era una cucina economica con bombola volante, due tavolacci sistemati su blocchetti e alcune sedie. Per illuminare la “zona residenziale” era stato predisposto un precario impianto di cavi elettrici. Il titolare dell’azienda, al quale i carabinieri e gli ispettori di Asl e dell’agenzia del lavoro hanno sequestrato le due strutture e inibito l’uso di ulteriori zone dell’ampio vigneto, su disposizione dei sostituti procuratori della Repubblica di Tempio Angelo Beccu e Ginevra Grilletti, è stato denunciato per sfruttamento di manodopera in nero e per aver consentito l’utilizzo di strutture fatiscenti e prive di dotazioni igienico sanitarie primarie. I controlli sono scattati dopo una denuncia giunta sul tavolo dello Spresal della Asl di Olbia e dell’ispettorato del lavoro di Sassari. L’intera operazione è stata coordinata dalla procura della Repubblica di Tempio, al quale è stato inviato un il dettagliato rapporto e l’ampia documentazione video-fotografica che illustra le assurde condizioni di vita all’interno della azienda vitivinicola.

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